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lunedì 18 ottobre 2021

Citazioni dalle opere di Georges Bernanos (1888-1948)

 

C’è una vertigine nella tristezza, una sporca vertigine. […] Fortunati quelli che riescono ad amare la tristezza senza offendere Dio, senza peccare contro la speranza. (La gioia)

Come mai non ci si accorge, più spesso, che la maschera del piacere, spoglia di ogni ipocrisia, è proprio quella dell’angoscia? (Diario di un curato di campagna)

Io vedo ogni delitto creare attorno a sé come una specie di turbine che attira invincibilmente verso il suo centro colpevoli e innocenti e del quale nessuno potrebbe predire la forza e la durata. Sì… un gesto insignificante scatena una potenza misteriosa che trascina nello stesso gorgo il criminale e i suoi giudici, fino a quando non ha esaurito la sua violenza, secondo leggi che non ci sono conosciute. (Un delitto)

La noia: una disperazione abortita, una forma turpe della disperazione, che è come la fermentazione di un cristianesimo decomposto. (Diario di un curato di campagna)

Ho visto morire un santo, io che vi parlo, e ciò non avviene per nulla come lo si immagina, non assomiglia a quanto si legge sui libri: è uno spettacolo che esige fermezza, perché si sente l’armatura dell’anima scricchiolare. Ho capito allora cos’è il peccato… Ci siamo tutti dentro nel peccato, gli uni per goderne, altri per soffrirne, ma, a conti fatti, è lo stesso pane che spezziamo tutti sul margine della fontana, è lo stesso disgusto che inghiottiamo trattenendo la saliva. (La gioia)

I poveri hanno il segreto della speranza. Mangiano ogni giorno nella mano di Dio. […] Solo i poveri sperano per tutti noi, come solo i santi amano ed espiano per tutti noi. (Un uomo solo)

Il Signore ha vissuto e vive sempre fra noi come un povero, e viene sempre il momento in cui egli decide di farci poveri come lui, in modo da essere accolti e onorati dai poveri, alla maniera dei poveri, per ritrovare così quel che un tempo egli ha tante volte conosciuto sulle strade di Galilea: l’ospitalità dei miserabili, la loro accoglienza. Egli ha voluto vivere fra i poveri. (Dialoghi delle Carmelitane)

Il peccato contro la speranza, il più mortale di tutti, è forse il meglio accolto, il più accarezzato. Ci vuole molto tempo per riconoscerlo, e la tristezza che lo precede, lo annuncia, è così dolce… È il più ricco degli elisir del demonio, la sua ambrosia. (Diario di un curato di campagna)

La peggiore disgrazia che possa capitare a un uomo è essere soddisfatto di sé. (Corrispondance)

Una volta usciti dall’infanzia, occorre soffrire molto a lungo per rientrarvi, così come proprio in fondo alla notte si ritrova un’altra aurora. (Dialoghi delle Carmelitane)

La preghiera: una strana sospensione del dolore e della gioia, o il lento dileguarsi dell’uno e dell’altra in un sentimento unico, indefinibile, in cui sembrano fondersi la tenerezza, la fiducia, una ricerca inquieta e tuttavia soave e ancora qualcosa che somiglia a una pietà sublime. (La gioia)

Certamente, l’uomo è dappertutto il nemico di se stesso, il proprio segreto e subdolo nemico. Il male gettato in qualsiasi luogo fruttifica quasi sicuramente; mentre al seme del bene, per non essere soffocato, occorre una sorte straordinaria, una prodigiosa fortuna. (Diario di un curato di campagna)

C’è sempre un’avventura che correte, vostro malgrado, che forse correrete domani. Il più sedentario degli uomini la correrà, ed è un’avventura più grande e meravigliosa di quelle che avete letto nei libri… Ma sì, la morte, la vostra morte, proprio la vostra. Un letto d’agonia non è che un letto d’agonia finché il moribondo conserva l’ultimo  contatto con i vivi: voglio dire quel cuore infaticabile che resisterà fino alla fine. Ma non appena il povero petto estenuato si è riempito di un solenne silenzio, il letto più ordinario mi appare come una miracolosa piccola imbarcazione che all’improvviso scivola via e se ne va… Così comincia la grande avventura. (Satan et nous, in Essais)

La paura della morte è un sentimento universale che riveste molte forme, di cui alcune sono sicuramente intraducibili dal linguaggio umano. Solamente un uomo le ha conosciute tutte: è il Cristo nella sua agonia. (I grandi cimiteri sotto la luna)

Se l’affermazione non fosse audacissima, direi che i poemi più belli non valgono, per un essere veramente commosso, il balbettio d’una maldestra confessione. (Diario di un curato di campagna)

Non capire nulla! Essere informato di tutto e non capire nulla: è questa la sorte degli imbecilli, preda della furia di bramosie rivali, scatenate dalla stampa o dalla radio. Tutta quanta l’esistenza di uno di questi sventurati probabilmente non basterebbe ad assimilare neppure la metà delle notizie contraddittorie che gli vengono proposte in una settimana. (La France contre les robots)

La mediocrità dei benpensanti… La civiltà moderna scommette sulla parte bassa dell’uomo. Noi scommettiamo sull’altra: essere eroici o non essere più. (Le chemin de la croix-des-âmes)

Che importano a Dio il prestigio, la dignità, la scienza, se tutto questo non è che un sudario di seta su un cadavere decomposto? (Diario di un curato di campagna)

Molti mi applaudono, ma interiormente sono seccati di ascoltare da un cattolico certe verità che avrebbero volentieri sfruttato contro la nostra fede. (Un uomo solo)

Non ho mai confuso il partito clericale con la Chiesa di Dio. La Chiesa ha la custodia del povero; il partito clericale è sempre stato nient’altro che il subdolo intermediario del cattivo ricco, l’agente più o meno consapevole di tutte le simonie. (Scandale de la vérité)

Si diceva un tempo – si dice ancora, ahimè! – che la verità si trova nel giusto mezzo. Tanto vale proclamare apertamente che il suo posto naturale è tra due menzogne, come il prosciutto tra le fette di pane del sandwich. Il miglior modo di raggiungere la verità è andare fino in fondo al vero, quali che siano i rischi. (Le chemin de la croix-des-âmes)

Il peccato entra raramente in noi con la forza, ma vi entra con l’inganno. Si insinua come l’aria. Non ha né forma né colore né sapore che gli siano propri, ma li assume tutti. Ci usa dal di dentro. (Sotto il sole di Satana)

Nessuno è gettato nell’abisso senza aver respinto, senza aver ritirato il proprio cuore dalla mano terribile e dolce, senza averne sentito la stretta. Non è abbandonato nessuno che prima non abbia commesso il sacrilegio essenziale: rinnegato Dio non nella sua giustizia, ma nel suo amore. (L’impostura)

Quelli là non hanno saputo riconoscere il più prezioso tra i doni dello Spirito Santo. Non capiscono mai nulla quelli là. Il nostro vero nome ce lo dà Iddio. Quello che portiamo lo abbiamo in prestito. (Sotto il sole di Satana)

La Vergine era l’innocenza. Ella non ha del peccato alcuna esperienza, quell’esperienza che non è mancata ai più grandi santi. Lo sguardo della Vergine è il solo sguardo realmente infantile, il solo vero sguardo da bambino che si sia mai levato sulla nostra vergogna e sulla nostra infelicità. Per pregarla bene, occorre sentire su di sé questo sguardo, che non è per nulla quello dell’indulgenza ma della tenera compassione, della sorpresa dolorosa, di non so quale sentimento inconcepibile, inesprimibile, che la fa più giovane del peccato, più giovane della razza da cui è nata e, per quanto madre per la grazia, madre delle grazie, la più giovane del genere umano. (Diario di un curato di campagna)

I testi qui proposti sono tratti da: G. Bernanos, La mia rivolta, Gribaudi, 1970; G. Bernanos, Pensieri parole profezie, Paoline, 1996.


martedì 2 marzo 2021

San Giovanni della Croce - Pensieri

 


L’anima si allontana moltissimo dal cammino che conduce all’alto stato di unione con Dio quando si affeziona a qualche suo modo d’intendere, di sentire e di immaginare, o si attacca al proprio parere e alla propria volontà, o nutre affetto per la sua maniera di agire o per qualsiasi altra cosa, non riuscendo a sciogliersi e spogliarsi di tutto ciò.

Nessuna forma, figura, immagine o altra notizia celeste o terrena, naturale o soprannaturale che può cadere nella memoria, è Dio.

Annientando nelle opere la gioia vana, l’anima si rende povera di spirito, il che è una delle beatitudini evangeliche di cui il Figlio di Dio parla dicendo: Beati i poveri di spirito poiché di loro è il regno dei cieli.

Quanto più l’anima si avvicina a Dio, tanto maggiori sono le tenebre e profonda oscurità a causa della sua fiacchezza. Come chi si avvicina di più al sole, per la debolezza e impurità dei suoi occhi, deve necessariamente subire tenebre e pene maggiori causategli dal grande splendore.

Gli umili, essendo lontanissimi dal voler far da maestri, sono pronti a camminare e a prendere una via diversa da quella su cui si trovano, qualora fosse loro comandato, perché mai credono di riuscire in qualche cosa.

La notte toglie lo spirito dal suo modo ordinario e comune di sentire le cose, facendolo passare a quello divino, il quale è estraneo e lontano da ogni altra maniera umana.

O anima bellissima fra tutte le creature, che desideri tanto conoscere il luogo dove si trova il tuo Diletto, per trovarlo ed unirti a Lui! Tu stessa sei il luogo in cui Egli dimora e il nascondiglio dove si cela.

Tutto ciò che in vita si può conoscere intorno a Dio, per molto che sia, non è cognizione vera, ma parziale e molto remota.

L’anima che desidera Dio, in nessuna cosa trova conforto e compagnia; anzi, finché non lo trova, tutto le cagiona maggiore solitudine.

Oh, se si riuscisse a capire che non si può giungere alla densità e alla sapienza delle ricchezze di Dio, se non entrando dove più numerose sono le sofferenze di ogni genere, riponendovi la sua consolazione e il suo desiderio!

Per quanto un’anima abbia sublimi notizie di Dio, sia dotata di contemplazione e conosca tutti i misteri, come afferma San Paolo, in nessun modo se ne potrebbe servire per l’unione con il Signore se non possedesse l’amore.

O anime che desiderate camminare sicure e consolate nelle vie dello spirito! Se voi sapeste quanto è necessario che soffriate per giungere a questa sicurezza e consolazione, e come senza di ciò, non potete pervenire alla meta desiderata, ma anzi potete solo tornare indietro, non andreste in cerca di consolazione né da parte di Dio né da parte delle creature. Abbraccereste anzi la croce e crocifisse berreste fiele ed aceto puro, perché vedreste che, morendo così al mondo e a voi stesse, vivreste in Dio con gloria di spirito.

Il Padre pronunciò una parola, che fu suo Figlio, e sempre la ripete in un eterno silenzio; perciò in silenzio essa deve essere ascoltata dall’anima.

Chi non cerca la Croce di Cristo, non cerca la gloria di Cristo.

Procura sempre che le cose siano un niente per te e tu un niente per esse, e, dimentico di tutto, rimani nel tuo raccoglimento con lo Sposo.

È buona cosa tenere nascosti e in pace anche i tesori dell’anima, cosicché neppure noi stessi li conosciamo e vi fissiamo gli occhi. Infatti non vi è ladro peggiore di quello che è dentro casa. Dio ci liberi da noi stessi; ci dia quanto gli piacerà e non ce lo mostri finché vorrà.

Le parole distraggono, mentre il silenzio e l’azione raccolgono lo spirito e lo rinvigoriscono.

In questa vita non si può gustare essenzialmente Dio, quindi ogni soavità e diletto che l’anima prova, per quanto sia sublime, non può essere Dio.

I pensieri sopra riportati sono tratti da: S. Giovanni della Croce, Pensieri, Il passero solitario, 1991

sabato 9 maggio 2020

Léon Bloy - Pensieri


I cristiani devono essere continuamente chini sugli abissi.

Lettres à sa fiancée, 11 décembre 1889

Sono l’incudine in fondo all’abisso, l’incudine di Dio, che mi fa soffrire così perché mi ama, lo so. L’incudine di Dio, in fondo all’abisso!... E sia. È un buon posto per fargli da eco. La coppa dei tormenti è troppo piena ancora, e chi m’aiuterà a berla?

Le mendiant ingrat, 12 novembre 1895

Non riesco a provare la gioia della Resurrezione, perché la Resurrezione per me non arriva mai. Io vedo sempre Gesù in agonia, Gesù in croce, e non posso vederlo altrimenti.

Le mendiant ingrat, 14 avril 1895

Siamo tutti un popolo di prigionieri seduti nelle tenebre e conosciamo l’amore solo quando vediamo soffrire quelli che amiamo.

Lettres à sa fiancée, 18 janvier 1890

La mia anima è in contatto con il nulla.

Le mendiant ingrat, 9 juin 1892

Ho raramente ottenuto l’approvazione dei cattolici e soprattutto dei preti, che vogliono vedere in me uno spirito molto pericoloso, perché penso nell’Assoluto, e mi dichiaro indifferente. Essi hanno bisogno di gruppi e truppe, e i solitari sono sospetti.

Le pèlerin de l’Absolu, 25 juillet 1911

Bisogna mangiare per vivere. Ho sentito dire che una volta c’era una Carne per i poveri e che i morti di fame avevano come risorsa di poter mangiare Dio per vivere eternamente […] Oggi il borghese ha preso il posto di Gesù […].

Exégèse des lieux communs, I série, IX

Io non ho il vostro temperamento, la pietà non può spegnere in me la collera, perché la mia collera è figlia d’un presentimento infinito. Sono divorato dal bisogno della giustizia, come un drago affamato dopo il diluvio, la mia collera è l’effervescenza della mia pietà.

Le mendiant ingrat, 3 septembre 1893

Il sangue del povero è il denaro. Di esso si vive e si muore da secoli. È la sintesi efficace di ogni sofferenza. È la gloria, è la potenza. È la giustizia e l’ingiustizia. È la tortura e la voluttà.

Le sang du pauvre, 23 janvier 1900

Una santa può cadere nel fango e una prostituta può salire alla luce.

Lettres à sa fiancée, 27 novembre 1889

Gesù fa passare la sua croce dalle sue spalle alle nostre e dalle nostre alle sue, così che piangiamo sempre o di dolore o di compassione.

Quatre ans de captivité à Cochons-sur-Marne, 1° mars 1903

Quando si muore, una sola cosa si porta con sé: le lacrime versate e le lacrime che si son fatte versare, capitale di beatitudine o di spavento. È su queste lacrime che si verrà giudicati, perché lo Spirito di Dio viene sempre «sulle acque».

L’invendable, 2 octobre 1904

Sono solo. Ho, sì, una moglie e due figli che mi amano e che io amo […]. Eppure, sono solo nel mio genere, sono solo nell’anticamera di Dio. Quando verrà il mio turno di comparire, dove saranno quelli che io ho amato e che mi hanno amato? […] Più ci si avvicina a Dio, più si è soli. È l’infinito della solitudine.

Méditations d’un solitaire en 1916, I

L’idolatria consiste nel preferire il visibile all’invisibile.

Le mendiant ingrat, 9 juillet 1893

Parliamo dell’orrore di vivere, in questo mondo, e della somiglianza con i demoni che la mancanza di cristianesimo conferisce senza dubbio alla maggior parte dei contemporanei, ricchi o poveri. Parliamo dell’Invisibile. Io dico che tutto ciò che vediamo, tutto ciò che accade all’esterno, è soltanto un’apparenza – un riflesso enigmatico, per speculum – di ciò che accade, sostanzialmente, nell’Invisibile. Cosa c’è di più apparente, di più esteriore della mia vita?

Le mendiant ingrat, 3 et 4 juillet 1893

Sulla terra noi vediamo l’Invisibile attraverso il visibile. Dopo la morte, vediamo il visibile attraverso l’Invisibile.

Quatre ans de captivité à Cochons-sur-Marne, 30 mars 1903

Una lacrima di Maria è qualcosa davvero! Una lacrima della Purissima per me, pover’uomo sommerso nel diluvio della collera e del pentimento divini! Una lacrima della rosa mistica per me, tutto solo, nel fetore di questa fossa in cui imputridisco, nell’attesa di una morte che forse sarà orribile! Perché, alla fine, lei ha pianto esattamente come suo figlio ha versato il suo sangue, cioè per ciascun uomo in particolare, giudicato da lei e da lui prezioso come tutti i mondi.

Méditations d’un solitaire en 1916, XVIII

Quando mi sveglio al mattino, ho spesso, già da molti anni, l’impressione di essere uno di quegli infelici condannati a una morte lenta che, ancora sfiniti per le torture del giorno prima, sono tirati via da un orribile sonno per sopportare nuovi tormenti.

Le mendiant ingrat, 15 juillet 1892

Ciò che un uomo è esattamente, nessuno può dirlo […]. So che sono nato in una data epoca, in un dato luogo, e che ho un nome tra gli uomini. Ho avuto un padre e una madre, fratelli, amici e nemici. Questo è fuori di dubbio; eppure ignoro il nome della mia anima, da dove sia venuta e, di conseguenza, non so assolutamente chi sono.

Méditations d’un solitaire en 1916, VI

Ho la netta sensazione che tutti si sbaglino, che tutti siano ingannati, che lo spirito umano sia caduto nelle più fitte tenebre.

Le mendiant ingrat, 29 juin 1892

Siamo dei dormienti pieni d’immagini semicancellate dell’eden perduto, mendicanti ciechi davanti a un palazzo sublime che ha la porta chiusa. Non solo non riusciamo a vederci l’un l’altro, ma ci è impossibile distinguere, dal suono della voce, perfino chi ci è più vicino.

Dans les ténèbres, II

Di fronte alla morte d’un bambino, l’arte e la poesia sembrano davvero delle inezie molto grandi […]. Ma i gemiti delle madri e, ancora di più, la silenziosa angoscia dei padri hanno ben altra potenza delle parole o dei colori, tanto la pena dell’uomo appartiene al mondo invisibile.

La femme pauvre, deuxième partie, X

C’è forse, per un essere umano, qualcosa di più importante dell’esser morto? Esiste una condizione più piacevole, più invidiabile, più desiderabile, più squisita, più spirituale, più divina, più terribile, della condizione di un morto, di un morto vero che si mette sotto terra e che è già comparso davanti a Dio per esser giudicato?

Mon journal, 9 janvier 1900

La letteratura, per la quale non vivo e che non è il mio scopo, mi appare da molto tempo uno strumento insignificante del mio supplizio, nell’attesa che venga il mio giorno, ma la forma speciale, l’aspetto voluto, la specie essenziale della mia tribolazione è la miseria.

Le mendiant ingrat, 16 janvier 1895

Non vi accorgete che il silenzio è la conversazione dei morti e che bisogna parlare ai vivi, soprattutto quando sono in agonia e tutti li abbandonano?

Le mendiant ingrat, 29 juin 1892

Se vi piacciono le espressioni bibliche, io sono, non lo sapete?, uno di quegli uomini della sera, « la cui mano è alzata contro tutti e contro il quale si alza la mano di tutti ». Ho vissuto senza vergognarmene in un’estrema solitudine, popolata di risentimenti e desideri feroci partoriti dalla mia esecrazione dei contemporanei, scrivendo o gridando quello che mi sembrava giusto, anche a costo di crepare, e senza mai reclamare, per le mie aggressioni o per la mia difesa, l’aiuto d’una qualsiasi altra penna secolare.

Le mendiant ingrat, 14 août 1892

Io sono triste per natura, come si è piccoli o come si è biondi. Sono nato triste, profondamente, orribilmente triste, e se sono posseduto dal più violento desiderio della gioia, è perché così vuole la legge misteriosa che attira i contrari.

Lettres à sa fiancée, 21 novembre 1889


Gli scritti di Léon Bloy sopra riportati sono tratti da L. Bloy, La tristezza di non essere santi, Paoline, 1998.
A proposito dello stesso autore, si veda su questo blog la nota critica relativa a Storie sgradevoliQUI