C’è una vertigine nella tristezza, una sporca vertigine. […]
Fortunati quelli che riescono ad amare la tristezza senza offendere Dio, senza
peccare contro la speranza. (La gioia)
Come mai non ci si accorge, più spesso, che la maschera del piacere, spoglia di ogni ipocrisia, è proprio quella dell’angoscia? (Diario di un curato di campagna)
Io vedo ogni delitto creare attorno a sé come una specie di turbine che attira invincibilmente verso il suo centro colpevoli e innocenti e del quale nessuno potrebbe predire la forza e la durata. Sì… un gesto insignificante scatena una potenza misteriosa che trascina nello stesso gorgo il criminale e i suoi giudici, fino a quando non ha esaurito la sua violenza, secondo leggi che non ci sono conosciute. (Un delitto)
La noia: una disperazione abortita, una forma turpe della disperazione, che è come la fermentazione di un cristianesimo decomposto. (Diario di un curato di campagna)
Ho visto morire un santo, io che vi parlo, e ciò non avviene per nulla come lo si immagina, non assomiglia a quanto si legge sui libri: è uno spettacolo che esige fermezza, perché si sente l’armatura dell’anima scricchiolare. Ho capito allora cos’è il peccato… Ci siamo tutti dentro nel peccato, gli uni per goderne, altri per soffrirne, ma, a conti fatti, è lo stesso pane che spezziamo tutti sul margine della fontana, è lo stesso disgusto che inghiottiamo trattenendo la saliva. (La gioia)
I poveri hanno il segreto della speranza. Mangiano ogni giorno nella mano di Dio. […] Solo i poveri sperano per tutti noi, come solo i santi amano ed espiano per tutti noi. (Un uomo solo)
Il Signore ha vissuto e vive sempre fra noi come un povero, e viene sempre il momento in cui egli decide di farci poveri come lui, in modo da essere accolti e onorati dai poveri, alla maniera dei poveri, per ritrovare così quel che un tempo egli ha tante volte conosciuto sulle strade di Galilea: l’ospitalità dei miserabili, la loro accoglienza. Egli ha voluto vivere fra i poveri. (Dialoghi delle Carmelitane)
Il peccato contro la speranza, il più mortale di tutti, è forse il meglio accolto, il più accarezzato. Ci vuole molto tempo per riconoscerlo, e la tristezza che lo precede, lo annuncia, è così dolce… È il più ricco degli elisir del demonio, la sua ambrosia. (Diario di un curato di campagna)
La peggiore disgrazia che possa capitare a un uomo è essere soddisfatto di sé. (Corrispondance)
Una volta usciti dall’infanzia, occorre soffrire molto a lungo per rientrarvi, così come proprio in fondo alla notte si ritrova un’altra aurora. (Dialoghi delle Carmelitane)
La preghiera: una strana sospensione del dolore e della gioia, o il lento dileguarsi dell’uno e dell’altra in un sentimento unico, indefinibile, in cui sembrano fondersi la tenerezza, la fiducia, una ricerca inquieta e tuttavia soave e ancora qualcosa che somiglia a una pietà sublime. (La gioia)
Certamente, l’uomo è dappertutto il nemico di se stesso, il proprio segreto e subdolo nemico. Il male gettato in qualsiasi luogo fruttifica quasi sicuramente; mentre al seme del bene, per non essere soffocato, occorre una sorte straordinaria, una prodigiosa fortuna. (Diario di un curato di campagna)
C’è sempre un’avventura che correte, vostro malgrado, che forse correrete domani. Il più sedentario degli uomini la correrà, ed è un’avventura più grande e meravigliosa di quelle che avete letto nei libri… Ma sì, la morte, la vostra morte, proprio la vostra. Un letto d’agonia non è che un letto d’agonia finché il moribondo conserva l’ultimo contatto con i vivi: voglio dire quel cuore infaticabile che resisterà fino alla fine. Ma non appena il povero petto estenuato si è riempito di un solenne silenzio, il letto più ordinario mi appare come una miracolosa piccola imbarcazione che all’improvviso scivola via e se ne va… Così comincia la grande avventura. (Satan et nous, in Essais)
La paura della morte è un sentimento universale che riveste molte forme, di cui alcune sono sicuramente intraducibili dal linguaggio umano. Solamente un uomo le ha conosciute tutte: è il Cristo nella sua agonia. (I grandi cimiteri sotto la luna)
Se l’affermazione non fosse audacissima, direi che i poemi più belli non valgono, per un essere veramente commosso, il balbettio d’una maldestra confessione. (Diario di un curato di campagna)
Non capire nulla! Essere informato di tutto e non capire nulla: è questa la sorte degli imbecilli, preda della furia di bramosie rivali, scatenate dalla stampa o dalla radio. Tutta quanta l’esistenza di uno di questi sventurati probabilmente non basterebbe ad assimilare neppure la metà delle notizie contraddittorie che gli vengono proposte in una settimana. (La France contre les robots)
La mediocrità dei benpensanti… La civiltà moderna scommette sulla parte bassa dell’uomo. Noi scommettiamo sull’altra: essere eroici o non essere più. (Le chemin de la croix-des-âmes)
Che importano a Dio il prestigio, la dignità, la scienza, se tutto questo non è che un sudario di seta su un cadavere decomposto? (Diario di un curato di campagna)
Molti mi applaudono, ma interiormente sono seccati di ascoltare da un cattolico certe verità che avrebbero volentieri sfruttato contro la nostra fede. (Un uomo solo)
Non ho mai confuso il partito clericale con la Chiesa di Dio. La Chiesa ha la custodia del povero; il partito clericale è sempre stato nient’altro che il subdolo intermediario del cattivo ricco, l’agente più o meno consapevole di tutte le simonie. (Scandale de la vérité)
Si diceva un tempo – si dice ancora, ahimè! – che la verità si trova nel giusto mezzo. Tanto vale proclamare apertamente che il suo posto naturale è tra due menzogne, come il prosciutto tra le fette di pane del sandwich. Il miglior modo di raggiungere la verità è andare fino in fondo al vero, quali che siano i rischi. (Le chemin de la croix-des-âmes)
Il peccato entra raramente in noi con la forza, ma vi entra con l’inganno. Si insinua come l’aria. Non ha né forma né colore né sapore che gli siano propri, ma li assume tutti. Ci usa dal di dentro. (Sotto il sole di Satana)
Nessuno è gettato nell’abisso senza aver respinto, senza aver ritirato il proprio cuore dalla mano terribile e dolce, senza averne sentito la stretta. Non è abbandonato nessuno che prima non abbia commesso il sacrilegio essenziale: rinnegato Dio non nella sua giustizia, ma nel suo amore. (L’impostura)
Quelli là non hanno saputo riconoscere il più prezioso tra i doni dello Spirito Santo. Non capiscono mai nulla quelli là. Il nostro vero nome ce lo dà Iddio. Quello che portiamo lo abbiamo in prestito. (Sotto il sole di Satana)
La Vergine era l’innocenza. Ella non ha del peccato alcuna esperienza, quell’esperienza che non è mancata ai più grandi santi. Lo sguardo della Vergine è il solo sguardo realmente infantile, il solo vero sguardo da bambino che si sia mai levato sulla nostra vergogna e sulla nostra infelicità. Per pregarla bene, occorre sentire su di sé questo sguardo, che non è per nulla quello dell’indulgenza ma della tenera compassione, della sorpresa dolorosa, di non so quale sentimento inconcepibile, inesprimibile, che la fa più giovane del peccato, più giovane della razza da cui è nata e, per quanto madre per la grazia, madre delle grazie, la più giovane del genere umano. (Diario di un curato di campagna)
I testi qui proposti sono tratti da: G. Bernanos, La mia rivolta, Gribaudi, 1970; G. Bernanos, Pensieri parole profezie, Paoline, 1996.