Tiziana Bracci, Le scarpe del Papa,
Readaction Editrice, 2022
Una vita che sembra un romanzo e un romanzo che è un insegnamento di vita. La vicenda di Ivana Silvestri Cella è narrata da Tiziana Bracci con una sensibilità particolare, attenta a cogliere nell’esistenza della protagonista i segni, più o meno palesi, di «un’anima in cammino», nella consapevolezza che «nulla accade per caso» per coloro che hanno «occhi vigili». In effetti, Ivana Silvestri Cella rivela, fin da bambina, una «spiccata intelligenza», una straordinaria attitudine all’osservazione, sostenuta da «una vivace memoria fotografica: tutto passava attraverso la sua camera oscura per essere cristallizzato e, al momento giusto, portato alla luce».
A Montecatini, il negozio di calzature del nonno Veneziano Papini, dove il padre di Ivana, Renzo Silvestri, andò a lavorare, sarà per la protagonista la prima, incancellabile tappa di un percorso in cui sogni e progetti, non immuni da fatiche e delusioni, verranno poi premiati da incontri provvidenziali, scelte coraggiose, capacità di scartare l’inutile e succhiare «il nettare necessario». E proprio le scarpe del Papa si configurano così come il simbolo centrale di un legame particolare, di una relazione con il mistero e lo spirito, quel «filo di unione» che Ivana cercherà sempre di tenere ben saldo. La confezione delle «preziose “marocchino rosse con le fibbie d’oro”, specialità del negozio, consentirà infatti a Ivana di entrare in contatto con l’ambiente del Vaticano e, in modo particolare, con monsignor Montini, futuro Paolo VI, importante figura di riferimento per la protagonista. I continui spostamenti e viaggi che porteranno Ivana in diverse località, tra cui Firenze (dove studia al Grenoble e al British), Londra (dove instaura importanti amicizie), Parigi (dove viene assunta dall’atelier Bailmain), Roma (dove prima lavora presso l’ufficio delle pubbliche relazioni dell’Ambasciata Americana, poi apre un suo atelier nella centralissima via Gregoriana e successivamente diventa direttrice presso Driamar, negozio per bambini), Montreal (dove viene accolta dal console italiano, affezionato cliente di suo padre), New York (dove viene convocata dalla casa di moda più prestigiosa d’America, la “Donald Brooks”, e dove conosce il generale Richard Thomas Cella, che sarà poi suo marito), Miami (dove scompare nel settembre 2020) sono la testimonianza di una tenacia costante, di una ricerca coraggiosa della realizzazione di sé, mai aggressiva, e anzi sorretta da una spiritualità che non dimentica la richiesta dell’aiuto divino («Signore, salvami!»), nella ferma convinzione che «se le vie del Signore non seguono la logica umana non è colpa del Signore ma della limitatezza della logica umana».
Dalla lettura di questo libro comprendiamo come Ivana abbia saputo conciliare le proprie legittime ambizioni di donna imprenditrice con i valori forti in cui credeva. La sua storia non è solo un esempio di emancipazione femminile coronata infine dal successo («chi l’ha detto che un cervello maschile funzione meglio di uno femminile?») ma anche di una rara capacità di riconoscere i propri errori come «necessari passaggi per progredire». Cuore e ragione sembrano trovare nella vita di Ivana Silvestri Cella una sintesi perfetta, in cui «il coraggio del fare» pare la conferma dell’evangelica parabola dei talenti.
Ma chi è allora il vero protagonista
di questa storia? Un disegno del cielo oppure «il tracciato di una mappa scritta
da un impenetrabile mistero?». L’autrice Tiziana Bracci lascia aperte le domande
al lettore, ma fornisce anche alcune riflessioni che conferiscono un valore
aggiunto alla storia narrata: «Le esperienze fatte nella vita non sono, per se
stesse, né negative né positive. La relazione che abbiamo con esse le rende un
problema o una risorsa». A ciò si aggiungono le parole di Ivana: «Nell’analizzare
la mia vita ho capito che a contare non è stato il lavoro, ma l’opera sublime
della natura che ha scavato in me, mostrandomi l’invisibile: l’anima umana».
Forse proprio in questo è racchiuso il segreto di Ivana Silvestri Cella. Quel
segreto che, ovviamente, è rappresentato anche (e soprattutto) dalle «marocchine
rosse con le fibbie d’oro»: le scarpe del Papa.
Mauro Germani