Concetta D’Angeli, Le rovinose, Il ramo e la foglia, 2021
In
quest’ultimo romanzo di Concetta D’Angeli – ambientato in Italia tra il 1976 ed
il 1988, cioè nel periodo che comprende in parte i cosiddetti anni di piombo –
la violenza della storia e quella segreta e privata appaiono l’una lo specchio
dell’altra. Ed è in questa rifrazione, spesso enigmatica e dolorosa, che
trovano espressione le vicende dei personaggi principali, sempre in bilico tra
i loro sogni e la realtà, tra i loro desideri più o meno consapevoli ed i
condizionamenti di un tempo instabile e contraddittorio, segnato da una
profonda volontà di cambiamento per una società migliore e più giusta, ma anche
da pericolose derive estremistiche e violente.
Al
fondo del libro si può percepire un senso tragico che c’interroga, qualcosa che
è più di un disagio collettivo, qualcosa che a poco a poco sconfina nella
follia: una follia che forse è un po’ di tutti. Così le figure di Silvana,
Clara e Lorenzo, pur diverse tra loro, appaiono legate alle contraddizioni del
periodo storico a cui appartengono. La prima insegue tenacemente, come una
forma di riscatto, un successo professionale che si rivelerà irto di difficoltà
in una società dominata dal maschilismo. Clara, dotata di una bellezza
prorompente – alla quale non sarà insensibile Silvana, che scoprirà così la
propria omosessualità – è una creatura fragile e indifesa, che incarna
illusione e dolore, ingenuità e disperazione, costantemente in fuga da se
stessa e dilaniata da pulsioni autodistruttive. Lorenzo, invece, è tormentato
dalla ricerca di una forma d’assoluto impossibile da raggiungere: prima sarà
tentato dal rifiuto della propria classe sociale d’appartenenza, l’alta
borghesia, e dalla lotta armata, poi indirizzerà il proprio delirio di onnipotenza
nella costruzione dell’Opera, che prevede la totale dipendenza fisica e
psicologica di Clara.
Anime
inquiete di un’epoca inquieta, questi personaggi acquisiscono sempre più
spessore con l’avanzare della lettura, fino a delinearsi nettamente come
emblemi esistenziali di un periodo tanto travagliato e complesso della
nostra storia. Soprattutto il personaggio di Clara vive nella pagina così
com’è, cioè s’impone a noi lettori senza alcun artificio o retorica, con
l’evidenza del suo destino e della sua misteriosa rovina, recando
in sé l’impronta incancellabile dei personaggi veri che non si
possono dimenticare: si veda, ad esempio, la terza parte del romanzo, che
riporta brani del diario di Clara, in un crescendo drammatico fra detto e non
detto. Ma anche Silvana e Lorenzo non hanno nulla di falso o di costruito. Essi
ci appaiono nella loro tragica verità, che si configura come una sconfitta
generazionale. Silvana è segnata da ricordi ingombranti e da un’insoddisfazione
senza rimedio, la quale è anch’essa rovinosa, in qualche modo
speculare a quella di Clara. Concetta D’Angeli ce la consegna efficacemente in
una doppia dimensione narrativa, che percorre ed innerva quasi tutto il
romanzo, alternando il racconto dalla terza persona alla prima, cioè passando
dalla narrazione esterna a quella del monologo interiore.
Lorenzo, invece, nella sua drammaticità appare privo di scampo, come posseduto
da forze incontrollabili, prigioniero di se stesso, dei suoi sentimenti confusi
e delle sue insanabili contraddizioni: una figura indubbiamente di forte
impatto, in cui la debolezza che nasconde si maschera spesso di una folle
ferocia. Personaggi destinati ad una deriva che ha travolto parecchie persone
alla ricerca di un senso che non hanno trovato, legittime aspirazioni deviate o
troncate troppo spesso dalla violenza, in un’Italia gremita di gravissimi
crimini politici e mafiosi, come testimonia l’accurata (ed agghiacciante)
cronologia posta in appendice al volume.
Ciò
che emerge a lettura ultimata del romanzo – che risulta sempre scorrevole e
sorretto da un sapiente impianto narrativo, a tratti quasi cinematografico – è
una domanda che sembra ineludibile: come riflettere oggi, a distanza di anni,
sul senso di sconfitta incarnato dai personaggi ? E ancora: che cosa ci dicono
le loro esistenze? Ciascun lettore potrà tentare di rispondere, ma è più
probabile – com’è forse giusto – che le eventuali risposte non siano mai del
tutto esaustive e che addirittura da esse nascano nuove inquietanti domande.
Mauro Germani