venerdì 5 luglio 2024

Antonio Fiori - La stessa persona

 



Antonio Fiori, La stessa persona, PeQuod, collana Portosepolto diretta da Luca Pizzolitto e Massimiliano Bardotti, 2024

In quest’ultima raccolta poetica di Antonio Fiori è possibile cogliere la presenza di una dimensione temporale che, pur nella precarietà del nostro essere nel mondo, non appare chiusa in sé stessa, ma aperta ad altro, a un soffio d’eterno, a una riconciliazione superiore, come un’attesa o una promessa in grado di gettare una luce su di noi, sulle fragilità e sugli enigmi della nostra esistenza. 

I versi limpidi e al tempo stesso profondi di Fiori vibrano di ricordi e domande che oltrepassano la sfera puramente privata, in quanto si rifrangono come in uno specchio nel destino che misteriosamente ci accomuna. C’è infatti sempre in Antonio Fiori il pulsare di una vita che è anche altre vite, che si esplica in un particolare pudore dell’Io, tra silenzio e sogno, attesa e incontro. Se il tempo trascorre inesorabile («Anche il tempo s’è fatto altro»); se pesano sulla coscienza errori e omissioni («Pesa più del mondo sulle spalle di Atlante / quanto non ho mai detto né scritto»); se a volte in sogno si tenta una fuga disperata per scappare da colpe ignote e/o inconfessabili (« Che colpa avrò mai addosso, mi chiedo dopo anni /–  se il sogno si ripete non può essere un caso»); se oggi i maestri sono scomparsi, anche se di essi può restare il silenzio e la voce (il riferimento è al poeta sassarese Angelo Mundula), è pur vero che «tutto ci chiama» e che «Se non sento e non vedo / se ritorno e rimango / […] se ti aspetto da tanto / è perché io Ti credo». Ecco allora, in questo apparente paradosso, rivelarsi un sentimento religioso che non è solo o semplicemente intellettuale ansia metafisica, ma umile richiesta di perdono e salvezza (Perdonati e salvi è il titolo della seconda sezione del libro):

Si ritornasse a discutere degli angeli

agli amanuensi che copiano instancabili

alle giaculatorie senza vanti

alla vera attesa della fine,

si ritornasse ai lunghi viaggi in carovana

ai voti per salvare i moribondi

alle povere vite di trent’anni…

forse saremmo perdonati e salvi.

Questo «ritorno» non è da intendersi come mero sentimento nostalgico, tanto che l’angelo si rivela altrove presenza concreta («Ho un padre salvato da un angelo / quando sotto le bombe scappava / senza riuscire a nascondersi»). È presente nei vari testi, in modo più o meno esplicito, un auspicio di salvezza totale, capace di abbattere il tempo e di farsi eterno verbo: «Sogno sempre l’omelia perfetta / […]    una parola che infine dica / cosa lasciare e cosa prendere». Poi la domanda circa la salvezza non può certo eludere la scrittura, ma Fiori è ben consapevole che «La poesia ti sveglia scuotendoti, certe mattine / vuole vederti lottare col verso come la sera prima», inoltre: «Che la poesia consòli / non lo posso provare», ma resta l’illusione che un verso altrui possa essere una risposta alla domanda che assale il poeta. 

La vera partita, in fin dei conti, sembra più radicale e risiedere nel cuore pulsante della raccolta, ovvero in  ciò che attraversa come una scia luminosa i versi essenziali e sobri di Antonio Fiori: un’escatologia misteriosa di misericordia e giustizia, il «miracolo del giudizio», che unisce «i poli della calamita». La morte, che ci fa «uguali finalmente / gli uni agli altri», e che fa scrivere al poeta un eloquente Epitaffio in attesa di lapide,  richiede allora un mistero ulteriore: quello di una fraternità nella speranza, confermata da un amore non provvisorio, più grande, una comunione alta e giusta, che supera i limiti della ragione perché al di là dei nostri imperfetti strumenti umani. 

Mauro Germani