C’è sempre la vita di un altro nella nostra vita. Un altro che è la nostra ombra, il nostro doppio sconosciuto. O addirittura siamo noi, che viviamo dentro uno specchio, non essendo che immagini riflesse?
Chi ha letto I poeti del sogno (Inschibboleth, 2020) di Antonio Fiori troverà in questa sua nuova pubblicazione interrogativi o sollecitazioni ulteriori, giacché Vita di un altro, in cui s’intersecano prosa e poesia, appare un’opera ancor più stratificata e sfaccettata rispetto al libro precedente. Con una perizia linguistica che incanta per leggerezza e profondità insieme, ci viene incontro una scrittura sorprendente nel suo abisso segreto, sapientemente sospesa tra finzione e candore, tra sottile ironia e mistero. Vengono alla mente, durante la lettura, grandi autori come Rimbaud («io è un altro»), Pirandello, con l’ambigua dialettica e scambio di ruoli tra persona e personaggio, e Borges, in cui il sogno della scrittura si specchia nella scrittura del sogno. Tuttavia Fiori va aldilà delle mere esibizioni letterarie, sceglie una distanza, se non addirittura un’assenza, in cui esercitare la propria sotterranea malia, come uno spettatore dei propri atti misteriosi, oppure un lettore che si stupisce di quanto egli stesso è chiamato a scrivere.
La prima sezione del volume, Quaderno del sogno, riporta nuove poesie oniriche, che – come nel libro precedente – sono nate tutte dall’irrompere in sogno di una lingua sconosciuta: testi in cui appaiono malinconica meraviglia, coscienza del tempo, senso del peccato, pena di vivere, e desiderio d’amore, contraddistinti da un’ammirevole limpidezza di stile e da un’urgenza calibrata.
Assai singolare risulta, poi, la seconda sezione intitolata Ritratti, nella quale sono presenti poesie attribuite a poeti viventi: un omaggio affettuoso e di stima di Fiori, in cui egli stesso si fa specchio dei versi altrui, con un’operazione che potrebbe definirsi medianica, ma certo non passiva.
La parte centrale e più corposa è quella che dà il titolo al volume. Essa è formata da prose brevi e nitidissime che narrano, per contrasto, paradossi, imprevisti, folgorazioni improvvise, colpi di scena, enigmi e reticenze dentro le pieghe del quotidiano, nell’esistenza di un altro. E l’ambiguità, ancora una volta, fa da padrona, s’innerva in un particolare, oppure in situazioni che paiono marginali o trascurabili. Si ha sempre la sensazione di un gioco di specchi, di qualcosa che sfugge pur essendo di grande importanza, cosicché i brani (godibilissimi, nell'attenzione che riservano al sottinteso o alle stranezze dell'esistenza) possono essere letti sia come descrizioni di accadimenti e di pensieri altrui, sia come confessioni traslate: chi narra, infatti, non può che condividere una complicità sognata con il potenziale lettore. Si veda, a tal proposito, l’Epilogo che chiude il libro in modo inaspettato.
Con Vita di un altro Antonio Fiori ci consegna un’opera multipla, in cui s’avverte una sorta di scrittura dell’infinito, un desiderio di andare oltre gli spazi consueti della letteratura, e soprattutto delle apparenze tra reale e immaginario. Perché il sogno e l’esistenza – che ad esso è strettamente unita – hanno sempre altre parole. E sono proprio queste ultime, nel loro mistero, che la poesia insegue.
Mauro Germani