Corrado
Passi, Rego Park, Castelvecchi, 2021
Che
cosa significa appartenere a qualcuno o a qualcosa? E qual è il senso, la
qualità della nostra eventuale appartenenza?
Rego Park
è un romanzo di domande che investono il nostro essere nel mondo, il nostro
rapporto con noi stessi e con chi ci sta accanto. Sono interrogativi non
espliciti, tuttavia presenti nelle pieghe della narrazione, in profondità,
sotto la superficie degli eventi e dei comportamenti dei personaggi.
La
storia di Ellie e Liam, i protagonisti, è segnata dal passato, da traumi che
assediano l’anima, da una solitudine che sa di sconfitta. Entrambi sono dei
sopravvissuti, dei superstiti di un destino avverso dal quale cercano un
possibile riscatto: Ellie, negoziatrice internazionale, è rimasta vittima di un
attentato in cui ha perso la vista; Liam, invece, è prigioniero del ricordo
dell’amatissima moglie prematuramente scomparsa. Il loro casuale incontro a
Rego Park, nel Queens, si profila come l’occasione per tentare una nuova vita,
per riappropriarsi di un senso smarrito da tempo.
Lo
spostamento da New York alla California è per loro una sfida che mette tutto in
gioco, in una condizione di equilibrio instabile e che oscilla continuamente tra
passato e presente. Perché l’ombra di ciò che è stato non si è mai dissolta
completamente e il baratro della solitudine e della sconfitta è una minaccia
costante. Ellie e Liam restano, infatti, personaggi sempre in bilico, ciascuno
con le proprie fragilità, le proprie manie e i propri fantasmi. Che cos’è che
li ha uniti veramente? Che cosa hanno cercato l’uno nell’altra? E che cosa
ciascuno ha trovato? Era quello il sogno desiderato, in grado di chiudere profonde ferite?
Si
comprende, leggendo il libro, che la questione non riguarda soltanto la
relazione tra i due, ma qualcosa di ben più vasto e complesso e che concerne
l’esistenza. La loro vicenda è una riflessione sul tempo, sul grado di
consapevolezza che abbiamo di noi stessi e sugli aut-aut che la vita ci impone
(«Ogni nostro gesto, o parola, determina, a livello cosmico, un’immediata
conseguenza, grande o piccola essa sia» si legge in un flash improvviso). A ben
vedere, le perplessità, i silenzi, le delusioni, o gli slanci emotivi e le
aspettative dei protagonisti ci istruiscono sull’importanza del discernimento
interiore per verificare la natura e l’autenticità delle nostre azioni. Forse è
proprio questa la lezione che – dopo prove anche estreme – apprendono in qualche
modo i due protagonisti: il loro percorso chiede di essere reinventato in altre
forme di condivisione e di appartenenza, con sincerità, senza più maschere e
senza «il peso della rabbia e del rancore», perché se le cose o le persone si
trasformano «in una prova costante, una sfida perenne, esse divengono, a poco a
poco, il tuo nemico giurato, l’antagonista al quale, prima o poi, dovrai
dichiarare la tua guerra privata». E poi: «non basta recuperarla, una vita;
bisogna viverla in un modo nuovo, diverso da quello che ci ha portati a perdere
la precedente».
La scrittura di Corrado Passi riesce a condurre il lettore alla scoperta dei pensieri e degli stati d’animo dei protagonisti con notevole sapienza stilistica e psicologica. La sua è una prosa ben calibrata, che sa rivelare a poco a poco, che ammalia e incuriosisce, capace di conferire grande valore ai dettagli, agli oggetti (il Bosendorfer, tra tutti), agli ambienti (il caffè dove Ellie e Liam s’incontrano, la loro villa sulla baia di Carmel, in California, «l’ultima terra prima della fine del mondo») e ai paesaggi (Cape Town, i deserti del Medio Oriente, l’oceano con le balene) che diventano in questo modo quasi coprotagonisti, in una mirabile fusione con la vicenda narrata, secondo uno sguardo mobile e preciso, cinematografico.
Un
libro da leggere e da assaporare lentamente per cogliere tutte quelle
sfumature, quei riverberi sottili che palpitano a ogni pagina.
Mauro Germani