Un
brano tratto dal libro di Maria Teresa Dainotti Madre
Teresa di Calcutta. Un cuore per il mondo
(E.M.I., 1977), che mi fu regalato nel 1981 da una persona a me molto cara, di
cui oggi ricorre il decimo anniversario della sua scomparsa.
Alla
Nirmal Hriday (*) arriva su una barella un povero essere atrocemente consumato
dal cancro.
È
stato respinto da ogni ospedale col solito motivo, purtroppo reale, che non c’è
posto. È chiaro che il poveretto è vicino al termine del suo martirio.
Dalle
sue terribili ulcerazioni emana il disgustoso odore della dissoluzione e si
elevano proteste dagli altri pazienti che pure sono in condizioni pietosissime.
Un infermiere, mentre ripulisce la carne verminosa, è colto da vomito, benché
abituato a maneggiare gli infetti.
L’infermo
viene trasportato in una stanzetta separata ed è madre Teresa, casualmente
arrivata in quel punto, che si prende cura di lui.
Il
disgraziato insulta e schernisce, pur avendo ben poco fiato per farlo, e rivela
da quale abisso di abbandono e disperato dolore egli non si sforzi nemmeno più
di risalire.
Madre
Teresa sorride e accarezza, lo sguardo penetrante lucido per la pena e colmo di
tenerezza. Le sue mani si muovono con riguardo, con rispetto, rivelano amore ad
ogni tocco.
Nel
tenebroso cuore che batte i suoi ultimi palpiti si accende una tenue luce.
«Come
puoi resistere a questo mio schifoso fetore?», domanda il poveretto, che forse
ha conosciuto ambienti e condizioni di vita assai diversi. «Ti fa forse piacere
contemplare questa putrefatta sozzura?».
«Non
è niente, figlio, in paragone al male che tu stai sopportando».
«Tu
non sei di qui», balbetta più tardi l’uomo. «La gente di qui non fa ciò che fai
tu».
Pochi
attimi ancora. Il morente riesce con sforzo ad appoggiarsi sul gomito per
pronunciare poche parole che salgono dal profondo del suo cuore esulcerato:
«Sia
gloria a te, madre!».
«No»,
dice Teresa, «Sia gloria a te che hai sofferto con Cristo!».
E
lo stupore per una simile rivelazione si confonde per l’improvvisa raggiante
Presenza.
(*) La Nirmal Hriday è la prima Casa aperta dalla santa di Calcutta. Raccoglie malati terminali (Aids, cancro, tubercolosi) e moribondi. Oggi vi operano alcune suore e alcuni volontari, anche indù. Vi è ancora la stanzetta usata da Madre Teresa, venerata come un santuario, contenente un armadietto, un tavolo e una sedia. Vi sono anche le pantofole che lei indossava e i suoi occhiali.