lunedì 9 aprile 2018

Luca Minola - Pressioni



Luca Minola, Pressioni, LietoColle, 2017


Nella poesia di Luca Minola si può cogliere una sorta di sospensione esistenziale che è legata alla percezione del mondo e delle cose. Lo sguardo del poeta si posa su un reale che appare nel proprio ordine, ma al tempo stesso trasfigurato da una coscienza inquieta, stupita o smarrita a seconda delle circostanze. Il campo visivo sembra oscillare continuamente tra apertura e chiusura, tra luce ed ombra,  tra messa a fuoco e dissolvenza. L’esistente è l’occhio che guarda e la parola lo scruta nel suo divenire, lo registra in un’attesa, come a voler penetrare il suo sfuggente mistero (“L’attesa della casa. / Nessun varco, nessuna nebbia / se non il tuo seguire / un armonioso e strisciato buio.”)
La percezione della percezione, cioè la consapevolezza dell’atto del percepire, è una costante di tutta la raccolta. I versi di Luca Minola attestano con misura le pressioni sensibili che provengono da ciò che ci circonda. Ed in questa dimensione l’io che osserva si ritrae, aspettando forse i segni o le occasioni (montaliane?) che rivelino il proprio enigma esistenziale o lo integrino in un processo conoscitivo più ampio. La sospensione esistenziale, cui si accennava all’inizio, risiede proprio in questa tensione gnoseologica tra sguardo e parola, che cerca la luce (“una luce vagante tra le cose”, afferma Maurizio Cucchi  nella prefazione), ma  lambisce inevitabilmente anche l’ombra ed il silenzio. Da questa soglia, in cui la parola assorbe quel che può della realtà e dei suoi fantasmi, sembra nascere la poesia di Minola, priva di enfasi, che tace o pronuncia appena la propria domanda (“Qualcosa di identico  è accaduto / solo per la domanda e lo sguardo.”).
Leggendo le poesie, il pensiero va a Merleau-Ponty e alle sue riflessioni, laddove sostiene che il problema della percezione è quello stesso del rapporto tra la coscienza e il mondo, ed il percepire non è mai un fatto isolato: “Sia il mondo che la cosa sono perciò sempre aperti, rinviano sempre al di là delle loro manifestazioni determinate”. Ciò che Merleau-Ponty definisce ambiguità, pare ritrovarsi qui nell’incompletezza assunta come ricerca d’essere e di significato, come rispecchiano i versi (“Rovistare è una paziente rovina / parla il silenzio / la sua forma tradotta.”)
Questo comporta in Minola un’attenzione maggiore al dettaglio, alla monade poetica, a scapito della composizione strutturale dei testi. Le proposizioni poetiche risultano isolate, sospese, come fermate dal poeta, che non ha voluto  (o potuto) osare di più. Ecco allora che la tensione dell’attesa o l’intensità del linguaggio in rapporto all’apertura della coscienza sul mondo – con quanto di sconcertante o drammatico possono comportare -  a volte vengono meno, si sfilacciano, si perdono in spaesamenti che talvolta appaiono calcolati, di maniera ed in sostanza troppo innocui per il lettore. Per il futuro è auspicabile da parte del giovane Minola l’assunzione di un rischio maggiore, il che non significa un abbandono del controllo stilistico e formale, ma la ricerca di una vibrazione più autentica ed accentuata del verso, un tremore che consenta un passaggio deciso dalla percezione all’esistenza.
Mauro Germani