martedì 5 luglio 2016

Georges Bataille - Madame Edwarda



Georges Bataille, Madame Edwarda, ES 2004

Opera scandalosa ed estrema, come tutte quelle di Bataille, Madame Edwarda (1941) pone il lettore di fronte ad una realtà senza scampo, unica ed abissale, dove l'esperienza della carne e del desiderio è anche e soprattutto esperienza della vertigine e dell'annullamento di sé, epifania del vuoto e della morte.
In questo racconto, che Blanchot non esitò a definire il più bello tra quelli dell'autore, Bataille penetra nel cuore della contraddizione e della gratuità dell'esistenza, laddove l'infimo e il sublime si cercano in una tensione ai limiti dell'umano. L'indecenza e/o l'oscenità qui s'impongono nel segno di una scrittura che vuole andare oltre se stessa, divenendo la cifra concreta di una conoscenza che non è e non sarà mai parola ma gesto scavato nel vuoto.
La centralità dell'erotismo è in Bataille apertura verso l'impossibile, offerta verso il destino ultimo della carne, la precarietà del suo assoluto. Come ha scritto Roberto Carifi, la ricerca dell'ignoto avviene in Bataille "in un fuori che è dentro il reale e che in esso si svela attraverso un viaggio che osa tentare i confini del culmine". Ecco dunque l'incontro con Madame Edwarda, prostituta che, tenendo una gamba divaricata e tirando la pelle con le mani, mostra i suoi "stracci" affermando di essere Dio. E' la nudità sovrana, l'esperienza limite, lo sprofondamento nel non-sapere, l'eccesso che esige l'estasi negativa, l'esposizione al nulla, perché Bataille intende realizzare una sovranità del soggetto non asservita all'utile e dunque concepita come perdita, spossessamento di sé.
Madame Edwarda non mente, è Dio, carne e vuoto insieme, attrazione e "piovra ripugnante", allegria e angoscia, assenza e presenza. I suoi tacchi fanno rumore sul pavimento, ma nello stesso tempo procede tra le nuvole. I suoi passi sono gravi, la morte stessa sembra essere lì, "poiché la nudità del bordello evoca il coltello del macellaio". E così a poco a poco Madame Edwarda sembra assentarsi da sé, divenendo "totalmente nera, semplice, angosciante come un buco", tra lutto e follia, dolore e rabbia, sempre sull'orlo di sparire, alla ricerca di altro, un altro amplesso, un altro godimento, un piacere doloroso.
Bataille ci fa entrare nel sacrificio, nella "questione ultima", nel movimento che è perdita, offerta senza ritorno, senza impiego:"la mia vita ha senso solo a condizione che io ne sia privo, che io sia pazzo: intenda chi può, intenda chi muore...".

da Mauro Germani, Margini della parola. Note di lettura su autori classici e contemporanei, La Vita Felice, 2014