Ivo
Flavio Abela, Soggiorno a Optina,
Castelvecchi 2021
Libro insolito, di notevole interesse e di grande fascino, questo Soggiorno a Optina di Ivo Flavio Abela. Come recita il sottotitolo, si tratta di una vera e propria «discesa nell’anima russa», una testimonianza di rigorosa e intensa passione da parte dell’autore nei confronti della spiritualità, della storia e dell’iconografia della Madre Russia.
La struttura portante dell’opera è costituita da un diario redatto da Ivo Flavio Abela nell’aprile del 1993 e successivamente integrato negli anni 2018-2020, nel quale, in modo sorprendente, ci imbattiamo in una narrazione stratificata e multiforme, ricca di informazioni storiche, letterarie e pittoriche, accompagnate da una scrupolosa documentazione, che costituisce una vera miniera di notizie, aneddoti e citazioni (sono presenti nel volume anche otto illustrazioni e un’ampia bibliografia), insieme a rimandi interni, notazioni personali, moti dell’anima, meraviglie e misteri, che rendono la lettura scorrevole e accattivante, nonostante la complessità dei temi e degli argomenti affrontati.
Al centro di tutto vi è Optina Pustyn’, il più famoso monastero di Russia, nel quale l’autore soggiorna, nel periodo sopracitato, durante la Pasqua ortodossa, e a pochi anni di distanza dalla restituzione dello stesso monastero, da parte del regime sovietico, alla Chiesa Ortodossa. E subito Optina si rivela come il luogo storico e sacro di una spiritualità che non smette di esercitare la propria influenza e il proprio fascino come nel passato. Le figure di Gogol’, Dostoevskij, Tolstoj e altri autori sembrano essere in qualche modo ancora presenti: le loro vicende, infatti, vengono rievocate, tra un’annotazione diaristica e l’altra, in modo conseguente e spontaneo, cosicché la cronaca del presente s’intreccia costantemente con l’enorme patrimonio culturale russo, in una sorta di misteriosa attualità. La lettura del diario diviene, pertanto, duplice. Essa si configura non solo come la testimonianza di quanto visto e vissuto dall’autore, ma rappresenta anche la partecipazione sua e nostra a una conoscenza ulteriore, alla consapevolezza che i protagonisti e le opere del passato permangono, vivono ancora, al di là di ogni barriera storico-temporale, in un Oltre che nel libro è incarnato dalla guida Vasilij, uno ieromonaco dall’eccezionale carisma. Proprio costui può essere considerato coprotagonista, in quanto, come l’io narrante, apre e chiude la vicenda del soggiorno a Optina.
Numerose sono le pagine di particolare rilievo ed è impossibile
citarle tutte. Non si possono, però, non segnalare quelle dedicate a
Dostoevskij e a Tolstoj e al rapporto che essi ebbero con Optina e con i monaci,
e come tutto questo sia rinvenibile, a una attenta lettura, in alcune delle
loro opere. Ampio spazio, in particolare, è riservato a Tolstoj, in una
dimensione assai suggestiva e imprevista, che non vogliamo rivelare per non
togliere al lettore il piacere della scoperta. Vale la pena citare anche i
passi relativi alla vita dei cosiddetti folli in Cristo, come quella esemplare
di Dobri Dobrev, o quella rappresentata da Evgenij Vodolazkin nel suo romanzo Lauro. Degni di nota sono poi i racconti
delle esperienze dello stesso Vasilij e dei fratelli Kireevskij, inoltre
particolarmente curiosi risultano i brani riguardanti il rapporto tra esseri
umani e animali all’interno dell’universo ortodosso, come la vicenda della lupa
dell’eremita Ignatij Briančanimov, o la storia del gatto chiamato Rasputin,
narrata da Tichon Ŝevkunov. Molto bella e illuminante è infine l’intervista
telefonica ad Andrej Tarkovskij Jr, che risponde alle domande sul padre Andrej
Tarkovskij, grande regista, e su Arsenij Tarkovskij, poeta fra i più
significativi del Novecento russo. Tutte figure che, insieme alle altre, vanno
a comporre nel libro l’affascinante mosaico della grande tradizione spirituale
russa, che Ivo Flavio Abela ha voluto consegnarci in modo così originale, mediante
un lavoro tenace e appassionato, durato alcuni anni. Egli non si è arreso di
fronte a un’impresa estremamente ardua e ha accettato il rischio di un’opera
coraggiosa, non classificabile in un genere preciso, al di là degli schemi. Dobbiamo
essergliene grati, perché la sua fatica non è stata vana. Noi, infatti, a lettura
ultimata, possiamo affermare di essere riusciti a cogliere davvero l’anima
russa, assaporandone la bellezza e il mistero.
Mauro Germani