Nota critica in quarta di copertina
Nell’antica
tecnica della fusione degli eventi, appresi nel loro corso naturale e fatale,
con il morbo del cambiamento e le
urla sussurrate dell’aspettativa, la poesia di Mauro Germani si manifesta
diluita in schietta narrazione dall’andamento ritmico consimile ad una prosa
che subito voglia persuaderci di essere il limen
dell’indicibile. Di
più, la purificazione. E ancora oltre,
ecco il mistero con la terribilità del cuore logorato dalla sofferenza delle
passioni e la spinta esoterica alla rivelazione intera. Quell’ombra
di eternità, quella divinità che sta al nostro fianco, impercettibile aureola,
e che maledettamente incombe, viene cercata per poi esserne parte: è l’attesa
di un’altra croce, nel destino infame di ancora
sangue che coglie l’uomo e lo avvolge, nell’atterrarlo e farlo sacro con il
martirio, mentre l’alito dell’ombra dio incalza, sola salvezza in cui
specchiarsi e riprendere le nuove forme. E la poesia si fa allora maceria di un dire originario perduto.
Franco Manzoni