sabato 30 luglio 2022
Mauro Germani - Tra tempo e tempo
venerdì 29 luglio 2022
lunedì 25 luglio 2022
Nicola Lisi - Diario di un parroco di campagna
sabato 9 luglio 2022
Lia Maselli - Il lungo contagio
In questo secondo romanzo di
Lia Maselli (il primo è stato Le case dei
venti contrari, edito da Formebrevi nel 2016), la narrazione,
nell’alternanza di piani temporali diversi, è volutamente instabile e
frammentaria, perché specchio dell’io narrante, una donna che si cerca negli
altri, soprattutto nel rapporto con la madre lontana e il suo passato.
La scrittura assume spesso
valenze poetiche, specialmente laddove lo sguardo si fa obliquo, come in certe
descrizioni di ambienti, personaggi e situazioni attente ai dettagli marginali,
eppure capaci, tra una dissolvenza e l’altra, di cogliere il reale nella sua
intima essenza. La sensazione che si prova è quella di assistere a un film
continuamente spezzato nella sua continuità, grazie a un montaggio da nouvelle vague, allusivo ed evocativo.
La ricerca di identità e di
appartenenza di chi narra confligge sovente con un’ambiguità di fondo, nella
quale i fotogrammi perduti e ritrovati del passato e della memoria sono invasi
da ombre e segnati da reticenze. Le storie cercate e raccontate, in uno scavo
di domande e di indagini ora sommesse, ora trepidanti, ora ossessive, pesano come
colpe antiche, come mali mai del tutto sopiti, come segreti mantenuti negli
anni. È un lungo contagio con cui non
è facile fare i conti perché sempre in bilico tra la realtà e il suo fantasma,
tra la volontà di sapere e di conoscere e i dilemmi e le paure che, in modo più
o meno conscio, agitano il presente.
Sulla figura della madre e
sulla sua storia si proietta inevitabilmente il non-detto dell’esperienza
vissuta dell’io narrante, in un continuo approssimarsi che spesso pare
rivelarsi solo apparente. La madre è la vita incarnata, l’enigma del passato e
del presente, ma anche la tenacia di un quotidiano rituale che resiste, come un
mondo dentro il mondo.
Quanto durerà l’onda lunga del
contagio?
La conclusione del romanzo
coincide con una morte, quella del padre della donna, fino a quel momento
amorevolmente accudito nella malattia dalla madre. L’ultima immagine è un mare
calmo dopo la burrasca: una fine che è anche una liberazione al termine della
sofferenza. È questa un’altra tappa importante nei sentimenti e nella memoria.
E certamente, per chi narra (e per il lettore), un’altra ineludibile domanda.
Mauro Germani
giovedì 7 luglio 2022
Michele Caccamo - La muffa e le castagne
Michele Caccamo, La muffa e le castagne. Biografia di Anjezë Gonxhe Bojaxhiu, detta Madre Teresa di Calcutta, Elliot, 2022
Che cosa c’è in una vita oltre la semplice biografia? Quale mistero nascosto raggiunge il nostro stesso mistero, lo fa vibrare, o addirittura lo scuote, lo ferisce, lo squarcia come un vento impetuoso?
La muffa e le castagne di Michele Caccamo è un’opera che si pone in una dimensione che cerca, nella parola, la vita oltre la parola stessa, un altro fiato, un respiro che attraversa il tempo fino a diventare nostro. Perché la storia, come ogni storia, è sempre qualcos’altro, è una verità sfuggente, che però chiama, ci interpella, ci reclama, ed è qui, invisibile. Come l’anima di Madre Teresa nelle pagine di questo libro più vero di ogni biografia ufficiale e dettagliata.
Michele Caccamo ci sorprende e ci attanaglia con la sua prosa poetica immaginifica e concreta al tempo stesso, capace di farci vivere l’infanzia, la vocazione, le fatiche, i tormenti, le lotte interiori di Madre Teresa, non al passato, ma ancora presenti, come fuochi accesi nella notte del mondo, pronti a divampare, a fare terra bruciata di noi, delle nostre certezze e magari a illuminare una via, un cammino.
L’anima di Madre Teresa è stata lacerata, è stata trafitta dalla povertà, ha avuto momenti di estrema solitudine, ha tremato nel vuoto del mondo, ha gridato e pregato, ma non è mai morta. Ha dovuto lottare contro l’indifferenza, l’ipocrisia, la ferocia dei benpensanti e gli abbagli dei falsi idoli come un’altra lebbra, peggiore di quella del corpo. Noi possiamo cogliere la sua sofferenza soprattutto nelle strazianti invocazioni che nel libro si alternano agli episodi narrati. Sono povertà che gridano. Sono intrecci di disperazione e di speranza, di abbandono e di attesa. Sono parole al silenzio e alla sua voce possibile.
Com’è vicina e insieme lontana, Madre Teresa! La sentiamo prossima a noi per i suoi dubbi, i suoi smarrimenti, le sue cadute; più lontana, invece, per la sua tenacia, il suo coraggio, le sue scelte esemplari. Chi pensa che i santi siano privi di tribolazioni e di angosce, sbaglia. La loro è una luce che ha dovuto conoscere le tenebre, prima dell'obbedienza, come Gesù stesso nella sua agonia.
Dobbiamo ringraziare Michele Caccamo che ha incontrato Madre Teresa nella poesia per farcela poi incontrare negli Slum della nostra desolazione e nella carità che fa paura.
La bellissima frase conclusiva del
libro, dopo la sua morte, risuona in noi come una profetica verità: «Qualcuno
diceva che avrebbero fatto fatica a seppellirla».
Mauro Germani