Caro
Papa Francesco,
quando ho appreso della tua morte, non ho potuto
trattenere le lacrime. È stata una notizia che mi ha colto di
sorpresa e che mi ha profondamente commosso. Tu sei «venuto dalla
fine del mondo» per portare a tutti la parola di Cristo, una parola
che è oltre ogni fine e ogni confine, una parola che supera i muri
degli uomini. Tu ci hai parlato, come Gesù, dei poveri, degli
ultimi, di coloro considerati scarti dalla società («Come
vorrei una Chiesa povera per i poveri!»). Hai sempre
difeso la pace in questo nostro mondo «a pezzi», dilaniato dalle
guerre, e hai esortato – prima che sia troppo tardi – a prenderci
cura del creato perché in esso c’è la mano invisibile del
creatore. Ci hai fatto capire che nessuno si salva da solo, perché
Cristo è per tutti. Lo hai fatto con umiltà e semplicità,
ripetendolo fino all’ultimo, nonostante la malattia e la
sofferenza. Non ti sei mai risparmiato e non ti sei arreso al male,
allo sconforto in questi tempi così difficili, consegnandoci invece il
valore sacro della speranza e della preghiera. Ora vogliamo dirti
grazie per ciò che sei stato e continuerai a essere nella Chiesa e
nella nostra memoria. Oggi, più di un Papa teologo, abbiamo bisogno
di un Papa pastore. Tu – com’è giusto – hai saputo essere
entrambi, ma ciò che prevaleva in te era l’anima del pastore, la
tua capacità di ascolto e di accoglienza, come un padre attento e
misericordioso che si preoccupa per la vita dei figli. Non disse
forse Gesù: «Non
sono venuto a chiamare dei giusti, ma dei peccatori»? Io credo che
la
tua figura e le tue parole ci saranno ancora, non solo nella storia,
ma nel nostro cuore.
Grazie, Papa Francesco.