venerdì 8 luglio 2016

"I miei premi" di Thomas Bernhard, alcune considerazioni sulla nostra società letteraria e una provocazione



Thomas Bernhard, I miei premi, Adelphi 2009

Da I miei premi di Thomas Bernhard, una lezione di stile e di sincerità.
Leggendo il libro, non si può non pensare alla natura della nostra società letteraria e ai suoi rappresentanti, agli autori che ne fanno parte o che gravitano attorno ad essa, agli editori che controllano il mercato delle pubblicazioni e delle recensioni, ai premi e ai riconoscimenti di maggior prestigio che spesso vengono spartiti tra i grandi gruppi editoriali e assegnati agli autori “amici”. Basta infatti dare uno sguardo alle giurie dei principali premi di poesia per notare che figurano spesso gli stessi nomi.
Bernhard parla del suo tempo, certo, e delle sue esperienze col suo inconfondibile sarcasmo e mette in luce tutta la miserabilità di  quel mondo, che  poi – a ben vedere - non è così diverso dal nostro, dominato com’è dall’arrivismo e dall’ipocrisia di certi personaggi, sempre più collusi col potere politico-editoriale, oppure devastati da un folle e patetico narcisismo.
Che dire, poi, dei vari gruppi, delle conventicole, dei circoli letterari, delle associazioni, dei festival, dell’insopportabile alterigia dei cosiddetti “puri”, dell’arroganza degli intellettuali o pseudo tali,  abilissimi nel seguire le mode culturali del momento, oppure della pochezza dei poetucoli o dei poetastri privi di personalità, baciapile, portaborse, plagiatori patentati dei poeti affermati, o ancora dei tanti poveri illusi e malati che si credono chissà chi e sperano che apparire continuamente su facebook li faccia esistere e li porti miracolosamente ad essere riconosciuti per il loro presunto valore? Tutta gente destinata a sparire, a sprofondare nel nulla, insieme ai loro innumerevoli libri, che andranno giustamente al macero. Siamo soffocati da pubblicazioni, eventi, letture, che soddisfano solo l’insulso e spudorato narcisismo dei vari personaggi che si mettono in mostra, capaci di andare ovunque pur di apparire, in uno spettacolo indegno dove ognuno recita la propria parte e non ha il minimo reale interesse verso gli altri. Restano montagne e montagne di libri, di orribili trofei, targhe, diplomi, attestati, che starebbero bene solo in un’enorme discarica.
Come non riflettere, allora, sulla deriva della nostra società, sulla mancanza di rigore da parte di tutti, sul patetico teatrino della cultura esibita nelle varie manifestazioni, oppure – all’opposto - chiusa in se stessa, come fosse appannaggio di una setta?
Come non fare un bell’esame di coscienza e dire finalmente come stanno le cose?
Nessuno, oggi, è esente da responsabilità, più o meno gravi.
Bisognerebbe davvero cominciare ad azzerare i premi e fare un po’ di pulizia anche nelle case editrici, nelle riviste, nei giornali, persino in alcuni blog, e denunciare tutto ciò che non va, gli intrallazzi, i ricatti, le pressioni, le richieste di favori in cambio di favori, riscoprire per un po’ il silenzio e  pubblicare di meno. Ma forse è già troppo tardi ed è impossibile arrestare un ingranaggio in moto da troppo tempo.

Ecco alcune frasi tratte da I miei premi, che meritano di essere citate:

“Credetti di dover morire soffocato dall’equivoco che la letteratura fosse la mia salvezza. Non volevo più saperne della letteratura. Non mi aveva reso felice, bensì buttato dentro quella fossa soffocante e fetida dalla quale non c’è più scampo…”

“Della letteratura non volevo più saperne, io le avevo dato in pasto tutto quello che possedevo e in cambio mi aveva buttato dentro quella fossa. Mi nauseava, la letteratura, odiavo tutti gli editori e tutte le case editrici e tutti i libri.”

“Sul palco mi porsero l’attestato del premio, di cui oggi non ricordo più che aspetto avesse, non lo posseggo più come non posseggo nemmeno tutti gli altri attestati dei premi ricevuti…”

“Sì, dicevo io, ogni anno vengono cooptati nuovi coglioni in quel Senato che si definisce Senato dell’Arte e nel nostro Stato rappresenta un male inestirpabile e una perversa assurdità. E’ un consesso delle peggiori schiappe, un’assemblea di canaglie, dicevo ogni volta.”

“Ma i premi non sono affatto un onore, aggiungevo, gli onori sono soltanto cattiverie, non esistono onori sulla faccia della terra. La gente parla di onori e invece sono solo affronti, di qualsiasi onore si stia parlando, dicevo.”

“…le teorie letterarie sono rimaste per tutta la mia vita la cosa che ho odiato di più, e più di ogni altra le cosiddette teorie del romanzo…”

“…odiavo da sempre circoli e associazioni e più di tutto, com’è naturale, odiavo le associazioni letterarie… Partiti e associazioni non si addicevano e non si addicono alla mia mentalità.”

“Disprezzavo coloro che distribuivano  premi, ma non respingevo in maniera tassativa quei premi. Tutto era repellente, ma più repellente di tutto trovavo me stesso… Oggi per me la questione, semplicemente, non si pone più, la sola risposta è non lasciarsi più onorare.”