Corrado
Passi, Il sogno assassino,
Castelvecchi, 2024
Quest’ultimo romanzo di Corrado Passi è caratterizzato da una scrittura asciutta, essenziale e nitida. La vicenda narrata si sviluppa in capitoli brevi, in cui colpisce un’attenzione ai dettagli e all’ambiente, apparentemente insignificanti, ma importanti per delineare la figura del protagonista. Essi, infatti, sono il suo sguardo, e rivelano, pagina dopo pagina, un mondo interiore dissociato, tra maniacale precisione nel lavoro e ricerca di una possibile evasione dalla realtà.
L’esistenza di Luigi, impiegato all’anagrafe in un paese dell’Abruzzo durante i tormentati anni Settanta (nel libro si fa riferimento all’omicidio Calabresi e alla strage di Brescia), appare drammaticamente scissa: da un lato la soffocante monotonia della vita quotidiana e familiare (la moglie e i figli), dall’altro il progressivo sviluppo di un’ossessione travolgente e segreta nei confronti della giovane collega Rita. Ecco, allora, l’attenzione morbosa di Luigi verso ogni gesto della giovane, le sue improvvise supposizioni, le sue mute gelosie, i suoi indizi immaginari, in una specie di cortocircuito mentale che lo rende prigioniero. Egli, più che vivere la propria vita, da cui si sente sempre più estraneo, spia quella altrui e del piccolo mondo intorno a sé: a poco a poco, ma inesorabilmente, è come se abdicasse alla propria identità, che trova ormai irriconoscibile, e si lascia vincere da un sogno malato e impossibile.
La sua figura può ricordare quella di alcuni personaggi solitari di Simenon, chiusi nel loro mondo inaccessibile, ai margini della vita reale, perdenti e ostinati al tempo stesso nel continuare a credere alle loro illusioni. Si potrebbe anche aggiungere che il protagonista ha qualcosa di dostoevskiano: ha i tratti di un uomo del sottosuolo, dall’aspetto innocuo e comune, ma che è in realtà cosciente della propria diversità ed estraneità nei confronti degli altri esseri umani. Nel corso della narrazione, al sogno malato per la giovane collega segue quello di un riscatto sociale, da eroe civile, che rivela il desiderio del riconoscimento della propria intelligenza e delle proprie capacità, un modo di elevarsi al di sopra della massa.
Corrado Passi costruisce sapientemente la storia con qualche venatura gialla, ma ciò che veramente conta in questo romanzo è il ritratto inquietante del protagonista, assediato e vinto dalla forza di un sogno insopprimibile e che sconfina nella follia. Al centro vi è il dissidio interiore di Luigi, di cui sono spia tre elementi che si ripetono costantemente: scrupolosità nel lavoro, inettitudine esistenziale e immaginazione ossessiva, che Passi ci consegna con mirabile maturità stilistica.
Indubbiamente il protagonista del romanzo è una di quelle figure
destinate a rimanere nella memoria del lettore, con la sua vita silenziosa e
anonima, marginale, che sogna un impossibile «altro». Una figura d’ombra,
solitaria, sopraffatta da un’assenza che divora e che si trasforma in una forza
ingovernabile.
Mauro Germani