C’è nella fenomenologia poetica di Giampiero Neri uno stupore che a poco a poco diviene abbandono, un lasciar-essere che è destinato al proprio enigma e alla propria sparizione. Ciò a cui assiste il lettore è un ritrarsi della parola che sospende la scrittura fino alla sua dissolvenza. Neri, infatti, osserva oppure ricorda, ma presto abbandona, se ne va. Restano sulla pagina i frammenti di una scomparsa.
Con una sintassi semplice, apparentemente innocua, vengono delineati dettagli e momenti di vita che assumono una dimensione ambigua, al limite dell’assurdo, rivelandosi così inquietanti.
La volontà di comprendere il reale sembra arrestarsi (e dunque si arrendersi) di fronte a una impossibilità e l’approccio fenomenologico o scientifico pare destinato a scoprire l’abisso. Da qui nasce la poesia di Giampiero Neri: da uno smarrimento che tuttavia non è rinuncia definitiva quanto piuttosto apertura al silenzio che risulta pronto ad accogliere la parola tuttavia a ogni nuovo contatto con la realtà. La resa della conoscenza alimenta dunque una poetica dell'interrogazione muta, dell'osservazione minuta e al tempo stesso indifesa.
Il catalogo, perciò, non può che essere incompiuto perché è proprio la vita che è imprendibile nella sua logica sfuggente, nel suo manifestarsi e nel suo divenire che ammutolisce. La curiosità di Neri incontra sempre il mistero, un ordine enigmatico, una trama di relazioni di cui restano solo immagini, particelle o pensieri sospesi nel vuoto.
Non c’è - non può esserci - una scienza della poesia. La realtà ha in sé segni indecifrabili pur nella loro momentanea nitidezza e non è possibile coglierne la complessità più vasta, nonostante la caparbietà del poeta indagante. L’esattezza della parola poetica risiede paradossalmente in questa consapevolezza e le illuminazioni escludono qui ogni profetica veggenza. Il mondo naturale e il mondo umano hanno verità che sembrano rimandare a un oltre indicibile. Neri pone sotto la sua lente luoghi, animali, persone, mettendone in luce – talvolta con sottile ironia – la loro paradossale unicità, la loro reciproca connaturata estraneità di mondi dentro mondi, prossimi solo in apparenza.
Davanti a tutto questo e davanti alla propria scrittura, che registra in modo minuzioso ciò che inevitabilmente è destinato alla perdita, il poeta è un vinto, sente dentro di sé l’amarezza di una sconfitta profonda che nessuna parola riesce a dire:
“La serata di poesia era ormai alla fine, avevo già guardato l’orologio. Come ogni volta, provavo un senso di inutilità e insieme di inadeguatezza. ‘Sono uno sconfitto’ avevo detto rivolto al pubblico, dopo la lettura, ma non avrei saputo dire perché.”
Mauro Germani