Cesare
Viviani, Non date le parole ai porci.
Prove di libertà di pensiero su cose della mente e cose del mondo, il
melangolo, Genova, 2014
Al
centro di questo prezioso libro di pensieri e aforismi di Cesare Viviani vi è
la consapevolezza dell’indecifrabilità dell’esistenza e del limite che la
contraddistingue e che anzi ne costituisce proprio l’essenza, la sua intima
realtà. Si tratta di qualcosa di indicibile e di segreto, di cui la parola
stessa è portatrice, un vuoto incolmabile che deve essere accolto nella
scrittura come nell’esistenza perché “il vuoto sta alla vita come l’aria,
l’ossigeno: senza il vuoto non c’è vita”. Viviani rifiuta decisamente il
delirio d’onnipotenza che sembra caratterizzare il nostro tempo, in cui l’uomo
si comporta come “un mortale che vive da immortale”, sempre tendente a colmare
ogni mancanza ed ogni assenza perché entrambe rimandano “al vuoto fondamentale
in cui è sospesa la vita”. Riconoscere il limite assoluto che è in noi non
sminuisce il nostro stare al mondo, al contrario garantisce un’attenzione nuova e diversa, una
coscienza condivisa ed umile, priva di illusioni ma anche di aggressività. Perché
cercare di spiegare l’inspiegabile, annullare l’esperienza della mancanza,
volere a tutti i costi risolvere l’irrisolto, ridurre Dio o l’impensabile a
formule o concetti o proprie rappresentazioni?
I
“porci” a cui fa riferimento il titolo sono coloro che non hanno rispetto per
la parola e la trasformano in grugnito, usandola solo come strumento per l’affermazione
di sé; sono coloro che “non sopportano il minimo vuoto”, che “mostrano i loro
possedimenti” di cui si vantano e che non meritano alcuna replica, ma solo il
silenzio, “lo sguardo abbassato come davanti a una brutta cosa”.
Ma
attenzione: il “porco” per eccellenza è chi ha costruito una scissione dentro
di sé, formando così due soggetti: quello del malfattore e quello dell’uomo
altruista e generoso, simpatico, che si è fatto tutto da sé e sa usare parole
convincenti per conquistare la fiducia degli altri. Egli è colui che non
rispetta la parola e chi non rispetta la parola non rispetta niente e nessuno.
Viviani
ammonisce contro la “voracità umana”, contro l’eccesso e lo spreco che dominano
la nostra società e che hanno preso il posto dell’attenzione, della dedizione e
della cura necessarie per vivere in una dimensione più equilibrata, senza
l’illusione dell’onnipotenza e il senso di una insoddisfazione perenne. C’è
l’amara consapevolezza del “predominio del mercato e della monetizzazione di
tutto”, del modello-macchina divenuto il riferimento per i rapporti umani
ridotti spesso a prestazioni professionali, della morte dei veri sentimenti a
causa dell’“azione fisica, ancora non scoperta, non individuata, della
telecomunicazione e dell’elettronica sullo psichico, sugli affetti”, della
generale e paradossale diminuzione della capacità di ascolto in un’epoca che
invece viene presentata come il trionfo della comunicazione stessa. Considerazioni
che fanno emergere la necessità di un cambiamento radicale, che abbandoni
quell’onnipotenza del fare che riduce tutto ad obiettivi da raggiungere e
dimentica i valori fondamentali.
Degne
di nota sono, poi, le riflessioni sulla poesia e sulla scrittura. Cesare
Viviani ribadisce l’indefinibilità della poesia, la quale conduce “fino al
limite del comprensibile, del definibile, del dicibile” ed ha per questo come
fondamento il nulla. La lettura di un testo poetico è dunque vertigine, in
quanto chi legge è disarmato, senza potere, di fronte al doppio limite della
parola poetica e di sé medesimo. Ecco allora l’importanza della discontinuità dell’arte in generale, ed
in particolare della frattura nella poesia dei significati abituali, di un
ascolto davvero altro che porta alla scomparsa dell’io e ad un’esperienza nuova
del pensiero. E a proposito del critico che si occupa di poesia, Viviani
afferma che deve fare i conti con l’indefinibile, non con il definito, e sapere
che le sue conoscenze non sono sufficienti perché ogni testo poetico si
spalanca sul vuoto.
Mauro Germani
(articolo pubblicato su QuiLibri - novembre/dicembre 2014)