venerdì 20 dicembre 2019

Rinaldo Caddeo: recensione a "La parola e l'abbandono"



Mauro Germani, La parola e l’abbandono, L’arcolaio ed., Forlimpopoli (FC), 2019

Che tipo di libro è questo?
Non è un libro di poesie, anche se le prose laconiche che lo costituiscono, contengono metafore, similitudini, squarci lirici, immagini poetiche, come a pag.14: “Che davvero non esista che un ospedale di confine, bianco e sospeso nella notte, come parole dette in segreto?” o a pag.16: “C’è chi è senza soccorso, chi precipita nella notte del mondo… Chi cerca e poi trova la propria agonia fra il cielo e la polvere”.
Non è un libro di racconti, tanto meno un romanzo, anche se, a suo modo, contiene, nella prosa breve, a volte sospesa, una miriade di spunti narrativi, come a pag.31: “Conosco bene la solitudine e la tristezza di chi scrive, a capo chino, sotto il lume tenue di una lampada… È come il custode di un segreto dimenticato, un usciere senza divisa, un funambolo innamorato dell’impossibile…”.
Non è un libro di aforismi, anche se aforismi sono disseminati in tutte le pagine: “La poesia deriva non da ciò che si ha, ma da ciò che ci manca.” (pag.19), “Cerchiamo di ritornare, ma non sappiamo dove.” (pag.20), “Per quanto un ospedale possa essere pulito, avrà sempre una macchiolina nascosta da qualche parte. È quanto basta per farci rabbrividire.” (pag.21), “Solo ciò che è impossibile è degno di fede.” (pag.22), “Ognuno scrive il proprio silenzio” (pag.23), “Il bene esiste, ma è sempre in ostaggio del male.” (pag.24).
Non è un libro di poetica e di estetica, anche se di entrambe si argomenta spesso e volentieri: “La scrittura poetica è zona di pericolo, situata tra una sfuggente verità originaria e l’afasia, il silenzio, l’impossibilità.” (pag.23) o pag.69: “Un’opera d’arte non dovrebbe essere mai innocua.”
Non è un libro di critica letteraria, anche se le note letterarie sono frequenti, recise. Ci offrono da un’angolazione testuale gli auctores prediletti da Mauro Germani: Kafka, Buzzati, Leopardi, Sbarbaro, Pasolini, Rilke, Borges, Pessoa, Jabès, Blanchot, Kierkegaard, Trakl, Bernhard, Bataille, Sartre, Céline, Gaber, Giacometti, ecc., non senza incursioni nel mondo antico, intorno alla figura di Cristo e al senso originario dei Vangeli. Ma trascelgo questa osservazione che persegue radici profonde di una tematica cara all’autore: “Che cosa rende inquietante un’opera come le Baccanti di Euripide? Indubbiamente il carattere di Dioniso, il dio lacerato e lacerante, il dio folle e violento, che è mistero impenetrabile ed ultimo, come attestato dalle enigmatiche parole del coro finale: «Nulla si compie di ciò che è atteso, ma un dio trova le vie dell’inatteso». Che significa? Forse che non c’è risposta alle domande degli uomini circa il destino.” (pag.67).
E non mancano folgoranti constatazioni, note di costume, taglienti moralità: “Bisognerebbe abolire i premi letterari. I più affermati sono monopolizzati dai soliti nomi, i quali se li spartiscono tra loro, sempre ben remunerati. Gli altri sono ridicoli teatrini a pagamento per coloro che vi partecipano…” (pag.60).
Ci sono anche resoconti pacati, stupiti e rassegnati, eppure vividi e palpitanti, dell’esperienza interiore, in cui la schiettezza della testimonianza innesca un ragionamento e l’indagine sugli scenari onirici: “Ci sono e non ci sono, i morti nei miei sogni. Essi appaiono sfuggenti, fluttuanti, ambigui, si esprimono in modo poco comprensibile, ma soprattutto sembrano volersene andare al più presto, avere altro da fare, desiderare di ritornare da dove sono venuti…” (pag.62).
Senza una forma unica, ovvero nella molteplicità delle forme brevi tipiche delle sua scrittura, in questo nuovo libro di Germani, ritroviamo i temi cari alla sua produzione: l’esilio, il deserto, l’abbandono, l’incompiutezza, lo smarrimento, l’angoscia, il fallimento, la solitudine, l’estraneazione, il silenzio, il nulla, il sogno, la morte.
È un libro misto, al crocevia di tutti i generi e che proprio per questo carattere può lasciare sconcertati ma che proprio da questo statuto riceve il suo alimento e la sua cifra.
Insomma, una formula complessa che reperisce, in una molteplicità di pieghe e di fonti, le tracce per sviluppare una riflessione vasta e articolata, sulla drammaticità dell’esistenza.
Rinaldo Caddeo