domenica 17 giugno 2018

Pierre Drieu La Rochelle - Fuoco fatuo



Pierre Drieu La Rochelle, Fuoco fatuo, SugarCo 1979

Non appartenenza e fuga dalla vita: questo è ciò che caratterizza Alain, il protagonista di Fuoco fatuo, il romanzo che Pierre Drieu La Rochelle (1893-1945) scrisse nel 1931. Egli, infatti, si sente come un fantasma in questo mondo, non ha pace, non ha alcun motivo per esistere veramente. E’ sempre fuori di sé, sempre altrove. Ciò che vive è inevitabilmente toccato dall’ombra. La sua figura sprigiona un fascino strano, un mistero inavvicinabile. Passa attraverso gli eventi con una lontananza che inquieta, mosso da qualcosa che sfugge, ma che è potente. E’ un destinato, un prescelto del nulla (“Io non sono nulla; e la morte è due volte nulla”), una specie di adolescente che sfida se stesso e gli altri, anche se il suo cammino non conduce alla cosiddetta maturità bensì alla morte. Tutto nel romanzo ha il brivido ultimo, tutto concorre all’ineluttabile che viene ricercato dal protagonista, “questo straniero che guardava con la tenerezza remota e derisoria di un morto”.
Seduttore suo malgrado, seduttore senza amore, seduttore sedotto dalla morte, Alain vive l’attimo per distruggerlo e vincere nell’impossibile. C’è qualcosa di eroico, ma è un eroismo alla rovescia, un trionfo della dissipazione e del vizio, un precipitare nel baratro aperto dall’esistenza.
E’ una fenomenologia dell’abisso, la descrizione del lavoro inesorabile della morte, uno sguardo lucido – quello di La Rochelle – che non può lasciare indifferenti. La sua scrittura testimonia questo scacco mortale, questo addio prolungato, questo parlare a nessuno. Perché le parole di Alain restano nel vuoto e gli interlocutori sono solo apparenti, sono ombre che si dissolvono.
Ma se non c’è scampo per il protagonista, in realtà non c’è nemmeno per gli altri, tutti persi ed imprigionati in un mondo insignificante, verso cui Alain prova sempre più disgusto. A ben vedere, il denaro sembra essere il feticcio necessario, intorno al quale gravita la vita sociale di ciascuno. Denaro per la libertà, secondo la concezione adolescenziale di Alain; denaro per la propria identità, secondo gli altri. Frammenti d’esistenza intorno a qualcosa che eccede, che pare giocare o liberare, ma che in realtà opprime, proprio come la droga che il protagonista assume. Una spirale che avvolge e che soffoca. E vivere senza lavorare e farsi mantenere – ciò che ha sempre fatto e fa Alain, con il suo attaccamento all’adolescenza – non è una soluzione, ma un’altra forma di schiavitù, come ora ben comprende. Non c’è via d’uscita nel mondo borghese che frequenta. Gli incontri, un matrimonio fallito, l’alcol, la droga, le donne, le richieste continue di denaro: tutto così risibile e tragico, tutto così accerchiato dal vuoto, così nulla. E l’incapacità di esistere davvero, di essere reale nella realtà.
Se per un attimo la scrittura pare ridestare in lui qualcosa, una potenza nascosta, che “raccoglie e unisce le forze diffuse della vita umana”, è ormai troppo tardi. Egli è un viaggiatore senza biglietto, come ha intitolato l’abbozzo di una sua confessione, poche righe appena: è un estraneo fra estranei, è un colpevole che continua a trasgredire la vita, è un clandestino di passaggio, un fantasma che ormai ha rinunciato a incarnarsi non solo in quel mondo, ma nel mondo. E’ davvero troppo lontano. E così la “piccola carovana di parole, che portava il ristretto bagaglio di desideri con cui avrebbe potuto rifornire la sua ragion d’essere, e che egli aveva abbandonato per tanto tempo in mezzo al deserto del foglio” è destinata a fermarsi per sempre. Non scriverà più.
Anche le parole dell’amico Dubourg, che tenta di salvarlo - prima compagno di trasgressioni ed ora integrato e sposato, con la passione dell’egittologia - sono inutili, anzi non fanno che rafforzare il suo desiderio di fuga e di annullamento.
Alain comprende la propria inconsistenza e la propria diversità, ma non sarà la droga ad ucciderlo, perché ora ha bisogno di concretezza, di realtà. Ora vuole esserci davvero. Non più discorsi a metà, relazioni fasulle, richieste di denaro, viaggi senza biglietto, ma un gesto unico, definitivo: “Una pistola è solida, è d’acciaio. E’ una cosa. Aderire, finalmente, alle cose”.
Il lavoro della morte, a cui si accennava prima, pare così trasformarsi in un paradosso estremo, cioè nell’appropriazione della morte da parte della vita. E il fatto che poi il 15 marzo 1945 anche Pierre Drieu La Rochelle abbia posto fine alla propria tormentata esistenza non è certo da considerarsi secondario.
Mauro Germani