TESTI POETICI di
MAURO GERMANI
FOTOGRAFIE di
MARCO TUROLLA
( diritti riservati )
da Livorno (L'arcolaio, 2008; ristampa 2013)
Buio nel tempo
e passi
che verranno
alle porte
come orazioni
da impiccare
o verbi
bruciati da sempre.
Finestre,
campi rovesciati
nel vuoto.
Sputi d'infanzia.
Nessuno chiama,
nessuno vede
dal mondo
di fronte.
Ad uno ad uno
dolori
e sguardi
precipitati, fosse
di giorni.
Poi domeniche,
luci
che resistono,
fratelli di guerre
immaginarie
o soltanto
deserti.
Dov'è l'ombra
che domanda,
la voce persa
che altrove risuona?
Dov'è la parola
che da sempre
cancella?
Andammo lontano
in quel segreto dei visi
in quelle lacrime
perse.
E scegliemmo
vocali scure,
nomi
abbandonati alla terra
anni
feriti dal tempo.
Come a pregare
nel vuoto,
dire pietà
ai morti,
a un vento
straniero.
Come a difendere
un amore
condannato
un figlio di neve
nessuno
senza riposo.
da Terra estrema (L'arcolaio, 2011)
E' questa notte l'uomo
dice la Terra
il corpo ignoto nel vento
che lo scuote e lo trascina
fino all'ultimo bordo,
al cuore fermo
del suo puro nulla.
E' questo solo
lo scandalo della carne,
l'enigma di ogni nome,
il pianto segreto
delle mie parole...
Com'è il cielo dei morti,
la loro leggenda.
Come sono i lumi
allineati nell'ombra,
i volti lontani,
quegli addii senza parole.
Come tutto è fermo
negli occhi, tutto
nell'ora che chiama
e li sceglie, l'innalza
nel pianto per sempre
senza di noi.
E' aria sollevata
la luce che colpisce
il mondo,
paura nei passi distinti,
occhi
che hanno la vita.
E' taglio aperto
in un grido,
spettro del corpo
senza una casa.
da Voce interrotta (Italic Pequod, 2016)
Io non so più le parole
a ridosso del mondo.
Una voce è dentro qualcosa,
è un'ora senza custodi
senza perdono.
A volte le mie labbra
hanno ancora paura,
cercano un viso
come una macchia segreta,
un volo di nulla
in fondo alla notte.
Era un'ombra
che feriva, una strada
caduta dal cielo,
un'algebra
di numeri morti.
Erano case
senza nessuno
e una voce
che diceva sarà questo
il tuo amore,
questa la notte
che ti assalirà
nelle città, nelle attese
più grandi,
dove tutto è confine
e spazio,
spazio che sempre
precipita.
Che luce
nella stazione
senza arrivi
e partenze.
Che vento forte
negli occhi
come una corsa
nei vetri e
nell'erba.
Che annunci
che furia sconsacrata
nei sassi
di tutti questi
binari morti.
Tutto quel mare nella notte
e il vento, le onde
scure
in un abbraccio solo.
Tutta quella vertigine
fredda
che chiama e dissolve,
quella poesia
che nessuno mai scrive.