L’ultima opera di Mauro Germani,
la raccolta di recensioni Margini della
parola (La vita felice, Milano, 2014), è un eloquente esempio
dell’interazione virtuosa tra nuove tecnologie di comunicazione e tradizionali
forme di scrittura, tra telematica e supporti cartacei.
In questo caso, «Margo», un blog
letterario tra i più qualificati, intensamente attivo dall’ottobre del 2009 al
dicembre 2013 (ma tuttora online), è diventato un pregevole volume di «note di
lettura, relative ad autori classici e contemporanei»[1].
Peraltro, il blog era, a sua volta, «nato come ideale continuazione e sviluppo
della rivista di scrittura, pensiero e poesia omonima fondata nel 1988 e
proseguita fino al 1992»[2].
Ecco dunque un percorso
perfettamente circolare in cui, lungi dall’essere antitetici, gli strumenti del
comunicare, dell’argomentare e dell’interpretare, risultano complementari,
tenendo insieme e potenziando i suddetti aspetti della comprensione umana che
forse dovrebbero esser sempre tenute in reciproco equilibrio e non
artificiosamente contrapposte.
Si illumina così la personalità poliedrica
dello scrittore Mauro Germani, prestigioso poeta, notevole narratore, che
mostra ora grande padronanza di una molteplicità di linguaggi e trasforma un
genere letterario in qualche modo «minore» in una intensa creazione estetica.
Le sue recensioni costituiscono,
infatti, una scoperta veramente sorprendente per l’approccio del tutto
personale che Germani riserva a grandi classici, come Bataille, Beckett, Benn,
Bernhard, Blanchot, Buzzati, Camus, Caproni, Celan, Céline, de Musset, de Sade,
Kafka, Lautréamont, Melville, Morselli, Pascoli, Pasolini, Sartre, Tozzi,
Trakl, Volponi, o ad autori contemporanei, magari sconosciuti ai più, ma
trattati dall’autore con la stessa attenzione e cura riservata ai cosiddetti «grandi».
Germani nelle sue note di lettura
privilegia un aspetto che ritiene cruciale per comprendere l’opera particolare
o l’intera personalità poetica di un autore e lo mette in evidenza con il suo
linguaggio evocativo e suggestivo, la sua sintassi incalzante e vibrante di una
profonda musicalità, trasformandolo in una chiave di lettura spesso esaustiva
per la sua potenza simbolica.
I suoi autori prediletti
percorrono costantemente i bordi angosciosi e, nel contempo, intriganti, di un
abisso che sporge sul nulla e, d’altra parte, altrettanto spesso, sono
instancabili esploratori di una possibile dimensione altra dell’essere, sfuggente, talvolta perduta, oppure forse
illusoria.
Germani riesce ad entrare in
piena sintonia con i suoi autori, stabilisce con loro una corrente empatica,
tutta letteraria, simbolica ed estetica, e riesce a far entrare, con le sue
recensioni/interpretazioni, i lettori nell’immaginario poetico di ogni singolo
poeta o narratore. Con la sua eccelsa capacità di far propri i mondi interiori
degli scrittori, quasi fossero tutti suoi eteronimi,
o di penetrare nell’essenza più intima di un testo, Germani non fa che rendere
evidente il fatto che qualsiasi opera d’arte diviene possesso permanente di
tutti e ciascuno, coloro almeno che affrontino l’atteggiamento della lettura
con la meraviglia, di fronte all’infinita molteplicità delle esperienze e delle
differenze, che sola apre la mente alla scoperta di nuove dimensioni
dell’esistere.
Questa predisposizione alla
meraviglia può essere il frutto felice còlto da chi si accosti alle note di
lettura di Germani: non semplici recensioni, ma preziosi esercizi di
ermeneutica testuale (interpretazione, che non deforma e non manipola, ma svela
la più intima sostanza delle cose), da cui emergono con forza non soltanto il
piacere della lettura e della ricerca, ma anche e soprattutto il bisogno
profondo di indagare, senza chiusure e timori, il mistero dell’esistere, «il
mistero che racchiude innumerevoli misteri, vite, sogni segreti, ansie, angosce
e vizi inconfessabili»[3], o anche
lo smarrimento del constatarne la precarietà, l’assurdità, l’assenza di senso.
Margini della parola nobilita il genere, conferendogli quella
definitiva dignità letteraria ed estetica, che lo innalza al pari di tutti gli
altri, e lo fa con un linguaggio che è, al contempo, di estrema modernità e di
composta classica incisività.
Angelo Conforti