lunedì 11 aprile 2016

Claudio Magris - Le Voci


Claudio Magris, Le Voci, il melangolo 1995

Invito a leggere (o rileggere) questo bellissimo monologo di Claudio Magris, pubblicato per la prima volta su “Nuovi Argomenti” nel 1993 e poi edito da il melangolo nel 1995. Si tratta  di un piccolo gioiello narrativo (il testo è brevissimo), esemplare per invenzione e nitidezza di scrittura.
Qui il protagonista racconta la sua passione per le voci femminili registrate nelle segreterie telefoniche, voci che egli ritiene le uniche vere e diverse da quelle sguaiate e volgari che si sentono per strada o in altri luoghi nella vita di tutti i giorni.
Egli le ascolta in silenzio, più volte, con estrema attenzione, cogliendone le sfumature, le piccole pause, i respiri, nella consapevolezza che ognuna di esse è unica, irripetibile e che una voce di donna “è come quel cielo cavo, diafano, non si finisce mai di cadervi dentro, di precipitare senza raggiungere il fondo”.
Così si abitua ad annotare scrupolosamente gli orari in cui le segreterie sono attive, onde evitare le risposte dirette delle altre voci, quelle deludenti intorno a lui. In questo capovolgimento, che fa sì che esistano solo le voci registrate, i corpi per il protagonista “sono solo ombre, che spariscono quando cala il sole”, sembrano reali, “ma appena fuori si disperdono come carta straccia spazzata via dal vento, scompaiono dietro gli angoli e le vie sono subito di nuovo deserte”.
Nel suo catalogo di voci, che possono essere di volta in volta chiare, cupe, sfrontate, sottomesse, risentite, indulgenti, egli si rifugia dal mondo esterno, assurdo ed opprimente, trovando quindi una via di fuga dalla propria estrema solitudine, anche se non è per niente facile. Solo le sue voci sono degne di esistere, ma intanto dichiara: “Tutti mi portano via tutto” e la realtà in cui si trova gli risulta sempre più nemica, sempre più estranea.
Stremato dall’insonnia, si sente assediato dalla volgarità del mondo, il quale gli appare improvvisamente come “un’immane centrale telefonica”, che governa ogni cosa. Il suo solitario delirio non può dunque che degenerare ulteriormente, mentre  paranoie ed allucinazioni modificano in maniera irreversibile la percezione della realtà. E la follia, prima latente o innocua, esplode, spalanca l’abisso del mondo.
Mauro Germani