lunedì 5 ottobre 2015

"Margini della parola" - Recensione di Angelo Conforti




Margini della parola di Mauro Germani: 
dal blog al libro, dal virtuale al reale

L’ultima opera di Mauro Germani, la raccolta di recensioni Margini della parola (La vita felice, Milano, 2014), è un eloquente esempio dell’interazione virtuosa tra nuove tecnologie di comunicazione e tradizionali forme di scrittura, tra telematica e supporti cartacei.
In questo caso, «Margo», un blog letterario tra i più qualificati, intensamente attivo dall’ottobre del 2009 al dicembre 2013 (ma tuttora online), è diventato un pregevole volume di «note di lettura, relative ad autori classici e contemporanei»[1]. Peraltro, il blog era, a sua volta, «nato come ideale continuazione e sviluppo della rivista di scrittura, pensiero e poesia omonima fondata nel 1988 e proseguita fino al 1992»[2].
Ecco dunque un percorso perfettamente circolare in cui, lungi dall’essere antitetici, gli strumenti del comunicare, dell’argomentare e dell’interpretare, risultano complementari, tenendo insieme e potenziando i suddetti aspetti della comprensione umana che forse dovrebbero esser sempre tenute in reciproco equilibrio e non artificiosamente contrapposte.
Si illumina così la personalità poliedrica dello scrittore Mauro Germani, prestigioso poeta, notevole narratore, che mostra ora grande padronanza di una molteplicità di linguaggi e trasforma un genere letterario in qualche modo «minore» in una intensa creazione estetica.
Le sue recensioni costituiscono, infatti, una scoperta veramente sorprendente per l’approccio del tutto personale che Germani riserva a grandi classici, come Bataille, Beckett, Benn, Bernhard, Blanchot, Buzzati, Camus, Caproni, Celan, Céline, de Musset, de Sade, Kafka, Lautréamont, Melville, Morselli, Pascoli, Pasolini, Sartre, Tozzi, Trakl, Volponi, o ad autori contemporanei, magari sconosciuti ai più, ma trattati dall’autore con la stessa attenzione e cura riservata ai cosiddetti «grandi».
Germani nelle sue note di lettura privilegia un aspetto che ritiene cruciale per comprendere l’opera particolare o l’intera personalità poetica di un autore e lo mette in evidenza con il suo linguaggio evocativo e suggestivo, la sua sintassi incalzante e vibrante di una profonda musicalità, trasformandolo in una chiave di lettura spesso esaustiva per la sua potenza simbolica.
I suoi autori prediletti percorrono costantemente i bordi angosciosi e, nel contempo, intriganti, di un abisso che sporge sul nulla e, d’altra parte, altrettanto spesso, sono instancabili esploratori di una possibile dimensione altra dell’essere, sfuggente, talvolta perduta, oppure forse illusoria.
Germani riesce ad entrare in piena sintonia con i suoi autori, stabilisce con loro una corrente empatica, tutta letteraria, simbolica ed estetica, e riesce a far entrare, con le sue recensioni/interpretazioni, i lettori nell’immaginario poetico di ogni singolo poeta o narratore. Con la sua eccelsa capacità di far propri i mondi interiori degli scrittori, quasi fossero tutti suoi eteronimi, o di penetrare nell’essenza più intima di un testo, Germani non fa che rendere evidente il fatto che qualsiasi opera d’arte diviene possesso permanente di tutti e ciascuno, coloro almeno che affrontino l’atteggiamento della lettura con la meraviglia, di fronte all’infinita molteplicità delle esperienze e delle differenze, che sola apre la mente alla scoperta di nuove dimensioni dell’esistere.
Questa predisposizione alla meraviglia può essere il frutto felice còlto da chi si accosti alle note di lettura di Germani: non semplici recensioni, ma preziosi esercizi di ermeneutica testuale (interpretazione, che non deforma e non manipola, ma svela la più intima sostanza delle cose), da cui emergono con forza non soltanto il piacere della lettura e della ricerca, ma anche e soprattutto il bisogno profondo di indagare, senza chiusure e timori, il mistero dell’esistere, «il mistero che racchiude innumerevoli misteri, vite, sogni segreti, ansie, angosce e vizi inconfessabili»[3], o anche lo smarrimento del constatarne la precarietà, l’assurdità, l’assenza di senso.
Margini della parola nobilita il genere, conferendogli quella definitiva dignità letteraria ed estetica, che lo innalza al pari di tutti gli altri, e lo fa con un linguaggio che è, al contempo, di estrema modernità e di composta classica incisività.
                                                                                 Angelo Conforti 







[1] Nota editoriale.
[2] Ibidem.
[3] M. Germani, «La Milano di Buzzati», in Margini della parola, cit.